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Specchi di parole e lacune della storia: il genere della biografia e la ricostruzione del passato

Espelhos de palavras e lacunas da história: o gênero da biografia e a reconstrução do passado

ABSTRACT

Nel presente articolo, si propone uno studio su un genere, la biografia, nella prospettiva di mostrarne limiti e potenzialità non soltanto sul piano letterario, ma anche nella della costruzione di una memoria comune e pubblica di passati complessi. La biografia infatti opera come un mediatore significativo e multidirezionale del passato a partire da una soggettivizzazione del contesto del biografato che mostra come in gioco non solo il suo ritratto letterario, ma anche quella del biografo, per il rapporto, freudianamente complesso, che unisce le due figure. Il riconoscimento di questi meccanismi implicati è importante per un approccio che anche solo lateralmente rinvia ad un esercizio di ricostruzione effettiva del passato, soprattutto alla esposizione di alcuni dei suoi elementi utili per una migliore articolazione di concetti ed idee situati in contesti specifici. Il caso in esame è quello della biografia che l’intellettuale italiano emigrato in Brasile, Antonio Piccarolo, molto attivo per la sua militanza socialista, dedica nel 1935 a un “eroe biografico” del Risorgimento italiano, Tito Livio Zambeccari, Livio Zambeccari: apóstolo da liberdade na América e na Itália, figura epica vicina a Garibaldi, che apre una densa riflessione sulla formazione della unità d’Italia. In questa discussione, ad emergere è l’ombra del biografo stesso e del tempo in cui mette a punto un ritratto del biografato. Il biografo parla, insomma, sempre anche di se stesso.

PAROLE CHIAVE:
biografía; Antonio Piccarolo; memoria culturale; relazioni letterarie brasiliane-italiane

RESUMO

No artigo estuda-se um gênero como a biografia na perspectiva de mostrar limites e potenciais não só em termos literários, mas de construção de uma memória comum e pública de passados complexos. Nesse sentido, a biografia opera como um mediador significativo e multidirecional do passado. Isto ocorre a partir de uma subjetivização do contexto do biografado que mostra que em jogo, no pacto ficcional, não está só o seu retrato literário, mas também do próprio biógrafo, pela relação freudianamente complexa que une as duas figuras. O desvendamento destes mecanismos implicados é importante para um enfoque que só lateralmente remete para um exercício de reconstrução efetiva do passado e muito mais para a exposição de alguns de seus elementos úteis para uma melhor articulação de conceitos e ideias situados em contextos específicos. O caso examinado é a biografia que o intelectual italiano migrado para o Brasil, Antonio Piccarolo, muito ativo a partir da sua militância socialista, dedica a um “herói biográfico” do Risorgimento italiano, Tito Livio Zambeccari, Livio Zambeccari: apóstolo da liberdade na América e na Itália, de 1935, figura épica próxima de Garibaldi, que abre uma reflexão articulada sobre a formação da unidade da Itália. Nessa discussão o que emerge é a sombra do próprio biógrafo e do tempo em que constrói um retrato de papel da figura literária do biografado. O biógrafo, em suma, fala sempre também de si mesmo.

PALAVRAS-CHAVE:
biografia; Antonio Piccarolo; memória cultural; relações literárias Brasil-Itália

Questo articolo ha erroneamente al centro un unico personaggio storico, Antonio Piccarolo1 1 Sotto forma di esposizione orale, parti di questo articolo sono state presentate al Convegno internazionale “Italiani sull’oceano. Relazioni artistiche tra Italia e Brasile nel ‘900” svoltosi a Milano, presso il Museo delle Culture, tra il 3 e il 5 maggio 2016. . Figura complessa e ormai rimossa, Piccarolo è l'esempio utile per riflettere su quanto dense siano le trame dei rapporti -letterari, culturali, artistici, storici, politici- tra Italia e Brasile nel Novecento. Diremmo di piu: non si tocca tema nella cultura brasiliana -e mi riferisco in particolare all'universo elefantiaco di São Paulo- senza che emergano intricati grovigli di relazioni - sbiadite o quasi del tutto rimosse - che mostrano come una distanza sia impossibile quando parliamo dei rapporti tra questo versante del nuovo mondo e l’Italia. Ma parlavo di una improprietà. Infatti, come si conviene nelle biografie, Piccarolo biografo rinvia insistentemente al proprio biografato che narra un'altra migrazione di un altro secolo: quella politica garibaldina a cui il conte bolognese Tito Livio Zambeccari prese parte nel Sud del Brasile, esordendo come artista, come combattente, realizzando una esperienza che sarebbe stata seminale anche per la sua militanza risorgimentale italiana. Due uomini, due migrazioni, molte narrative. Soprattutto una esperienza, epicizzabile ma anche tragica, quella dell'espatrio.

La prima figura da evocare è senz’altro quella di Antonio Piccarolo, che emigra in Brasile nel 1904 quando, su invito del Partito Socialista, assume a São Paulo la direzione dell’Avanti!, l’organo politico fondato proprio al varco del secolo2 2 Traggo una parte delle notizie biografiche su Piccarolo dall’importante studio storico politico di Alexandre Hecker, 1989, in particolare p.6-20. . Era nato nel 1863 ad Alessandria da una famiglia agiata di agricoltori e molto giovane aveva preso ad occuparsi di politica, partecipando nel 1892 alla fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, poi trasformatosi in Partito Socialista Italiano. Laureatosi in legge a Torino, intraprese la carriera d’insegnate liceale che alternava con una intensa attività pubblicistica (con numerosi studi eruditi, soprattutto di indole storica) ma mantenendo sempre come preponderante l’attività e la militanza politiche tra le file socialiste.

La São Paulo dell’epoca nella quale approda Piccarolo è città prevalentemente italiana3 3 Ricorderà di quest’epoca Piccarolo «Si aveva come la impressione di trovarsi in Italia, in una Italia di oltremare, dove, insieme con la lingua, sono trapiantati i costumi, le tradizioni domestiche, le feste popolari, ovvero tutto ciò che ci può ricordare alla lettera la nostra terra di origine» (trad. it. dell’articolo apparso su O Estado de São Paulo del 29 gennaio 1913 e pubblicato in Carelli, 1985, p.31.) per via dei forti contingenti migratori inurbatisi, provenienti in genere dalle coltivazione caffearie dell’interno, nella quale proprio in quegli anni si avvia un forte processo di modernizzazione urbano ed industriale con la formazione di un proletariato e la conseguente diffusione di ideologie progressiste e di formazioni politiche e sindacali. Piccarolo trova proprio nella colonia italiana di São Paulo un oggetto privilegiato di studio e di riflessione politica al quale dedica saggi, monografie (pubblicati in Italia ed in Brasile) progetti riformistici (come ad esempio l’idea di organizzare i lavoratori in cooperative di piccoli produttori di caffè). Fonda egli stesso un giornale nel 1906, Il Secolo, a seguito di contrasti e divergenze ideologiche con la direzione dell’Avanti! riconducibili al carattere moderato delle sue posizioni politiche e nel 1908 inaugura il Centro Socialista Paulistano per il quale redige l’importante contributo-manifesto, O socialismo no Brasil, uno dei pochi i lavori teorici davvero originali, come è stato notato4 4 Cf. Carone, 1972, p. 206-208. , sui problemi del socialismo e del riformismo in Brasile che non si limitano ad importare e a tradurre ricette e riflessioni europee da applicare in modo pedissequo al contesto americano. Si apre anzi un conflitto profondo tra lui ed i compagni socialisti dell’Avanti! che si estenderà all’incirca sino al 1923, quando le file della sinistra si rinserreranno per creare un argine comune contro il dilagare del fascismo, peraltro anche all’interno delle comunità di emigranti.

Piccarolo, “moderato assai”, come nota - in italiano - Antonio Candido, pur adottando posizioni riconducibili al marxismo, si distingueva per la chiara impronta evoluzionista, favorita peraltro anche dalla lettura di alcuni testi di Engels, che nel contesto paulista degli anni ’10, dove dominavano le ideologie anarchiche e sindacalistico-rivoluzionarie, connotava in modo nitido il suo riformismo dottrinario in fondo scettico sulle prospettive di una rivoluzione socialista nella ex- colonia data l’assenza delle condizioni essenziali alla sua realizzazione, ovvero di una borghesia ed un proletariato industriale5 5 Si veda A. Candido, 1980, p.53. . Interventista nel ’14 su posizioni prossime, suggerisce Alexandre Hecker, a quelle, in Italia, di Bissolati e Salvemini che vedevano proprio il conflitto come una prosecuzione delle guerre risorgimentali per l’unificazione nazionale6 6 A. Hecker, op.cit., p.16. , Piccarolo sarà, già a partire dal 1921, un tenace oppositore del fascismo attraverso una intensa opera pubblicistica di propaganda considerando anche la popolarità che il movimento di Mussolini andava conquistando all’interno delle associazioni culturali e di assistenza degli emigranti italiani in particolare proprio a São Paulo.

Massone convinto, nonostante il PSI nel suo XIV Congresso (1914) avesse preso le distanze dalla massoneria, nel 1917 contribuì a fondare sempre il Grande Oriente Autonomo, sorto da un gruppo di transfughi italiani dal Grande Oriente di São Paulo. Proprio la sua fede massonica motiva la composizione di opere quali La massoneria e l’indipendenza brasiliana! del 1922 e, associata all’idealismo nazionalista, dischiude l’interesse per una grande tema storico, il Risorgimento, nel quale Piccarolo individua una sintesi storica formidabile del suo variegato spettro di idee. Sempre nel ‘22, in occasione del primo centenario della Indipendenza del Brasile ed in omaggio alla colonia italiana e alla storia del suo radicamento in Brasile nella quale le vicissitudini anche dolorose dell’ambientamento americano sono rievocate con le tinte ora nostalgiche, ora della trasfigurazione epica, pubblica l’opera Gli italiani nel Brasile.

Negli anni ’30 poi, ricollegandosi idealmente a questa esperienza, ma anche in conseguenza del mutato quadro politico brasiliano dove l’ascesa di Getúlio Vargas e la cosiddetta Rivoluzione del ’30 creavano un clima assai meno favorevole al suo riformismo ancorché moderato, Piccarolo si cimenta in una serie di biografie di carattere in un qualche modo didascalico che si ricollegano anche alla ripresa della attività di insegnamento: si tratta di opere come Um engenheiro italiano na descoberta das minas brasileiras (dedicato all’oscuro ingegnere fiorentino Baccio da Filicaia), Um pioneiro das relações italo-brasileiras: B. Belli, infine, appunto, Livio Zambeccari: apóstolo da liberdade na América e na Itália, che riprendono, come osserva A. Hecker, «il metodo descrittivo e l’andamento erudito delle prime produzioni italiane di Piaccarolo. Però lo fanno sempre collegando il patriottismo italiano a fatti della vita politica brasiliana in una specie di simbiosi affettiva internazionale»7 7 “Estas retomam, de certa forma, o método descritivo e o andamento erudito das primeiras produções italianas de Piccarolo. Porém, o fazem sempre coligando o patriotismo italianos a fatos da vida política brasileira numa espécie de simbiose afetiva internacional” (Ivi, p.18). .

All’inizio degli anni ’30, dedito ormai prevalentemente all’insegnamento, fonda la Faculdade Paulista de Letras e Filosofia, centro di formazione superiore e di ricerca umanistica che raccoglie in quegli anni il meglio della intellettualità paulistana nell’auge modernista (egli stesso vi esercita l’attività docente, insegnando Lingua e letteratura latina), una istituzione che, in un certo senso, prepara il terreno alla inaugurazione, nel 1934 della USP, la Universidade de São Paulo, con un corpo docente in parte reclutato in grandi centri accademici europei (come si ricorderà, Levi Strauss rievoca la propria partecipazione a tale esperienza in Tristes tropiques). In essa, Piccarolo continuerà ad insegnare Lingua e letteratura latina, ma frattanto, nel 1933, aveva contribuito a fondare un’altra istituzione di insegnamento superiore, la Escola Livre de Sociologia e Política nella quale pure esercitava il proprio magistero, senza mai peraltro cessare dalla attività pubblicistica. Nel 1947, ad 89 anni, morirà suicida.

La seconda figura che richiama l'opera di Piccarolo è senz'altro quella del suo biografato, segnata dall'epica dei due Mondi, di Tito Livio Zambeccari.

Un ricognizione attuale sullo stato del lavoro storiografico intorno alla figura di Livio Zambeccari mette in luce, anche ad una sommaria analisi, che esiste -potremmo dire - un vero e proprio problema biografico. Fatto, questo, in un certo modo comprensibile se si considera il carattere ancipite della vita del conte bolognese, marcata in fondo dalla stessa - e ben più nota - dicotomia dei due mondi garibaldina, ma anche il limite se non altro storico della produzione biografica pure prodotta, peraltro sufficientemente residuale ed esigua rispetto ad altre figure risorgimentali, che abbia preso Zambeccari come oggetto di studio.

Tale premessa non intende, è evidente, concentrare intorno alla questione biografica, i nodi complessi di ordine documentario ma anche interpretativo che ancora avviluppano i tratti salienti della figura del rivoluzionario bolognese tanto da renderne opache numerose vicende che lo hanno come protagonista (in particolare quelle consumatesi sull’altra sponda atlantica, nella fervida stagione indipendentista della rivoluzione Farroupilha nel Brasile meridionale) ma anche perché il campo biografico viene a costituire un crinale critico interdisciplinare, un territorio di compromesso nel quale il lavoro storico stipula una alleanza fondamentale, quasi istitutiva, con la pratica critico-letteraria, proprio per la natura “anfibia e contraddittoria” del genere biografico, come lo sunteggia Andrea Battistini8 8 Cfr. Battistini, 1990, p. 206. Per un efficace repertorio di contributi sul rapporto biografia e storia, si rimanda al volume curato da A. Riosa per la Fondazione G. Brodolini, 1983 sul dibattito critico in Italia, in un contesto culturale insomma influenzato in parte dalle note riserve crociane intorno ad un genere (riconducibili all’opera Teoria e storia della storiografia del 1916) tuttavia praticato dallo stesso filosofo (Vite di avventura, di fede e di passione del 1935). Ancora, sempre sui problemi interdisciplinari collegati al genere biografico, si rimanda al numero monografico di Sigma, XVII, 1-2 (1985). .

Non a caso allora, lo storico statunitense Spencer L. Leitman, affacciandosi sui volti preminenti all’interno di quella cinquantina di esiliati italiani che tra il 1830 e il 1840 presero le armi nella remota provincia rurale del Rio Grande do Sul in nome di un declamato internazionalismo repubblicano e che poi avrebbero proseguito la loro attività cospirativa di carattere semimilitare in Italia, segnala l’assenza di una “biografia definitiva” dedicata a Zambeccari (contro le dimensioni degli studi rivolti ad altri reduci dalla frontiera gaúcha, come Garibaldi soprattutto, ma anche per certi versi Rossetti)9 9 S.L. Leitman, 1985, p. 109 (una prima versione di questo studio era apparsa in “Italian Americana”, 2, 2, 1976). .

Ad un primo sguardo peraltro, emerge l’impressione che l’interesse per la comprensione storica dell’operato di Zambeccari sia disceso più da fattori contingenti e da riusi ideologici della rappresentazione biografica, piuttosto che da un reale sforzo di esegesi di una figura non facilmente riducibile a semplice icona da una parte nel grande pantheon risorgimentale italico, dall’altra nell’empireo degli eroi regionali del Rio Grande, artefici di quell’evento storico poi assunto quale vero e proprio mito fondatore di una identità locale tra le più forti e riconoscibili nel variegato quadro nazionale brasiliano. E ciò non solo nelle almeno tre biografie principali a lui dedicate (come tali esplicitamente stipulate sul piano letterario) ma anche nel pulviscolo di ritratti pubblicistici che prendono a circolare quando il rivoluzionario bolognese era ancora in vita. Con un accento particolare posto proprio sulla personalità poliedrica, sull’eclettismo intellettuale, sulla pluralità di ruoli a lui accreditati che avrebbero poi conosciuto, all’interno di una letteratura regionale come quella gaúcha sovente impegnata nello sforzo di autoidentificazione a partire proprio dalla consacrazione fondatrice del movimento Farroupilha, una prevedibile trasposizione romanzesco-letteraria. È quanto avviene in epoca relativamente recente grazie alla narrativa storica di Tabajara Ruas, Os varões assinalados, impegnata - a riprova di quanto prima si osservava - in una riscrittura della storia rivoluzionaria regionale tesa a riscattare i suoi angoli più oscuri o secondari, e mettere in luce i suoi protagonisti meno noti, in cui Zambeccari svolge sul piano letterario una importante funzione di cerniera tra i valori propri del romanticismo politico europeo e i moti insurrezionali contro l’Impero nel periodo della Reggenza10 10 Tabajara Ruas, 1985, p. 6-7: “Livio Zambeccari era geografo per vocazione, naturalista per curiosità e politico per il romanticismo che ardeva nel suo temperamento. Romanticismo che lo obbligò ad esiliarsi in Spagna, nell’estate dei vent’anni, e a scrivere versi di furore incandescente, ricolmi di metafore con petali e stelle”, t.d.a. dall’originale “Lívio Zambeccari era geógrafo por vocação, naturalista por curiosidade e político pelo romantismo que ardia em seu temperamento. Romantismo que obrigou-o a exilar-se na Espanha, no verão dos vinte anos, e a escrever versos de furor incandescente, recheados de metáforas com pétalas e estrelas”. .

Tale fortuna condizionata di Livio Zambeccari sul piano della ricostruzione delle principali vicende storiche in cui si trovò ad agire, si può a ragione dire che contrasti - e in profondità - con l’aspettativa biografica coltivata in vita dallo stesso biografato. Nel secolo storico per eccellenza che fu l’Ottocento, non gli sfuggì infatti l’importanza di pensare ad una propria rappresentazione biografica, di giungere anzi in un certo senso a prefigurarla. Non però con i modi persino scontati della autobiografia o della memorialistica autobiografica, in quanto progetto personale di autorappresentazione caratterizzato dalla identità apparente (in verità assoggettata ad un complesso gioco di mediazioni rispetto ad un modello) tra il soggetto enunciante e quello enunciato, come si potrebbe supporre. Ma in una prospettiva ben più sottile e votata alla costruzione di un monumento biografico attraverso la raccolta selettiva di documenti, con chiose autografe, relativi alle diverse campagne a cui egli stesso aveva partecipato, dal Brasile alla Grecia, alle interminabili battaglie risorgimentali, da consegnare ad un futuro biografo. L’intento programmatico di Zambeccari in questo senso, nel promuovere la traduzione della propria vita ed esperienza storica in opera, risulta molto interessante (e su questa vera e propria autorappresentazione documentaria, ancora nessuno storico e critico letterario si è affacciato in modo sistematico) anche perché le fonti da lui riunite, i Documenti e biografia di Livio Zambeccari, come nota Alfredo Varela nella sua monumentale storia del ciclo Farroupilha che trae peraltro da essi gli elementi per costruire il profilo del suo Zambeccari nel secondo volume dell’opera, attestano come egli “non tracciò una autobiografia. Riunì in tre poderosi volumi (in-4.º-grande) tutti gli elementi che possedeva, come appendice al lavoro di Spartaco. Di pugno dell’eroe bolognese ci si presentano solo poche e brevi note, a margine dei documenti pubblici del tempo”11 11 A. Varela, Porto Alegre, Globo, 1933, v. II, p.60: “Não traçou este, aliaz, uma autobiographia. Reuniu em 3 grossos volumes (in-4.ºgrande) todos os elementos que possuia, como appendice ao trabalho de Spartaco. De punho do heroe bolonhez se nos deparam apenas umas poucas e curtas notas, á margem de folhas-publicas do tempo”. . Da cui si evince l’intenzione autoriflessiva che orienta la organizzazione di questi materiali altrimenti dispersi e che sottende una visione letteraria del genere storico-biografico, improntata, secondo il canone idealizzato della biografia erudita ottocentesca, ad una concezione eroica e individualistica che il personaggio si riconosce e che forma una sorta di appendice rappresentativa, di macro chiosa personale diremmo, di una opera biografica inaugurale come quella di Enrico Spartaco.

Una combinazione suggestiva di lettura critica, raccolta documentaria e scrittura latente (ma con direttrici storiche chiaramente configurate) quella che lascia Zambeccari proprio nel momento in cui l’impulso memorialistico, a ridosso della morte, gli esibisce un percorso biografico nella sua quasi totalità, con il conseguente desiderio di fissare una memoria testuale del passato personale.

Il “mito” biografico di Zambeccari poggia infatti su tre biografie, tutte pubblicate tra il 1861 e il 1935 ed equamente ripartite quanto al luogo e alla lingua di pubblicazione: due italiane e due brasiliane. Una di esse è la meno nota biografia “brasiliana”, scritta in portoghese, dall’emigrante italiano Antonio Piccarolo, di cui in seguito si parlerà12 12 Sempre A. Varela (Ibidem) accenna alla esistenza di un’altra biografia di Zambeccari compresa in uno dei volumi di documenti da lui raccolti e attribuita a Cesare Parnini, ammettendo di non averla potuto consultare. Di essa, però, non vi è traccia nei materiali biografici raccolti da Zambeccari né altrove. . La prima è quella a firma di Enrico Spartaco13 13 Spartaco, Napoli, 1861. , data alle stampe nel 1860 e poi ristampata nel 1861 che si istituisce come biografia risorgimentale di «uno dei Veterani della Indipendenza ed Unita d’Italia, ultimamente nominato dal Generale Garibaldi Ispettore Generale dell’Armata Meridionale» (p.3). L’importanza dell’opera risiede non solo nella sua originalità essendo in effetti la prima biografia dedicata al combattente bolognese dei due mondi, ma soprattutto nella circostanza della sua stesura contemporanea al biografato, ovvero quando questi si trovava ancora in vita. Zambeccari deve avere fornito una importante testimonianza al biografo, come si evince anche dalla ricchezza di dati con cui la remota vicenda americana viene rievocata14 14 È l’ipotesi che formula con sicurezza anche A. Varela, op.cit., p.62 e p.66 (e che in seguito verrà sottoscritta anche da Antonio Piccarolo) che segnala anche le contraddizioni e gli errori presenti nella ricostruzione di Spartaco del periodo gaúcho di Zambeccari da ascrivere alle cattive fonti su cui si sarebbe basato. . Anche se, poi, non andranno dimenticate le abbondanti integrazioni documentarie, sopra segnalate, che lo stesso Zambeccari si sentirà in obbligo di apportare in calce all’opera di Spartaco. La seconda biografia dedicata al Farroupilha bolognese è di Francesco Bertolini15 15 F. Bertolini, Bologna, 1885. non si differenzia sostanzialmente dal testo inaugurale di Spartaco. Di essa assume quelle che sono le tesi fondamentali su cui poggia: ad esempio, analoga è la importanza che i due autori attribuiscono a Zambeccari come uno dei sette fondatori della repubblica riograndense (p.17). La peculiarità che si introduce nella materia storica si può individuare in un cambiamento da una parte di tono (più celebrativo e meno cronachistico), dall’altra di alcune scelte formali, con la bipartizione in due periodi della esistenza del rivoluzionario bolognese, la prima, formativa per così dire ed include anche la stagione americana, che va dal 1823 al 1848 e la seconda, della maturità, dal 1848 all’anno della morte. La terza opera non è una biografia vera e propria. Si tratta in verità di un capitolo e di alcuni riferimenti sparsi sul naturalista bolognese che Alfredo Varela riserva all’interno della sua enciclopedica (20 livros raccolti in sei volumi) “biografia” della Grande Revolução liberale divampata nel Brasile meridionale. Nondimeno essa va ricordata non solo per lo straordinario arsenale documentario che esibisce nella cornice di una storia erudita, ma anche perché responsabile del principale inquadramento storiografico di Zambeccari nel contesto in particolare dei Farrapos e più in generale brasiliano. Soprattutto perché sarà essa a fare da modello alla biografia di Piccarolo o ad ispirare le trasposizioni romanzesche del personaggio, come per esempio quella che le riserverà lo scrittore Tabajara Ruas.

E forse anche in questa chiave (dunque per i suoi vuoti e le sue insufficienze da integrare e con una considerevole messe documentaria, a detta dello stesso biografato) è opportuno partire proprio dall’atto inaugurale della prima biografia di Zambeccari, che svolge comunque una funzione seminale nel consacrare alcuni luoghi fondamentali della ricostruzione biografica.

Se il percorso biografico di Antonio Piccarolo, la sintesi dei suoi valori ideologici e culturali (il riformismo socialista, il Risorgimento, la massoneria, l’emigrazione italiana in Brasile) contribuiscono a chiarire il suo interesse per una figura come quella di Zambeccari, è interessante sottolineare come la ricostruzione data alle stampe nel ’35, con intenti tra l’altro anche celebrativi in occasione del centenario della Rivoluzione Farroupilha, dia continuità all’opera pubblicata nel ’22 dallo stesso pubblicista italiano, Gli italiani in Brasile, che ricostruiva la presenza italiana nella antica terra della Vera Croce a partire da Amerigo Vespucci sino al presente. Ed è la storia contemporanea, quella perlomeno vista dalla São Paulo di quegli anni, dove alcuni immigrati si erano trasformati anche in classe dirigente, ma in un clima politico di forte instabilità, lacerato dai radicalismi di destra e sinistra (nel ’35 l’Aliança Nacional Libertadora guidata dai comunisti tenta una insurrezione armata, poi rapidamente repressa e, poco più tardi, nel ’37, il colpo di stato dello stesso Vargas apre le porte alla dittatura dell’Estado Novo) che va letto il ritratto che Piccarolo traccia di Zambeccari.

La biografia si costruisce su un apparato documentario essenzialmente composto dalle tre biografie “canonizzatrici” (Spartaco, Bertolini, Varela) ampliato da un ristretto numero di altre fonti di storia, in particolare risorgimentale (in cui spiccano le memore garibaldine). Essa si articola su una sostanziale tripartizione temporale della vita del personaggio bolognese: le origini, la formazione sino all’esilio (“As primeiras armas), il periodo nel sud del Brasile (“Zambeccari no Rio Grande do Sul”) e la partecipazione alle battaglie risorgimentali (“Zambeccari soldado da independencia italiana”). Vi è poi un quarto capitolo dedicato ad un tema che sta particolarmente a cuore al biografo emigrante e che costituisce una sorta di appendice critica, funzionalmente collegata ai tre precedenti capitoli che danno conto della totalità biografica del personaggio: si tratta di “Zambeccari maçon”.

Nella sua linearità apparente, l’opera funziona secondo le convenzioni della biografia esemplare sostenuta da un elevato investimento retorico e da una non meno appariscente tonalità erudita e, al contempo, epicizzante, in un certo senso riproponendo aspetti che facevano parte sin dalle origini della tradizione biografica alla base del monumento storico di Zambeccari sino ad allora eretto: si pensi, a titolo di esempio, al modo in cui è resa la fuga in Spagna del carbonaro bolognese, a seguito delle persecuzioni inflitte ad opera dei legati pontifici, “reazionari per istinto”, dove ripara “iniziando così la sua carriera di cavaliere andante della dea Libertas”16 16 “reaccionarios por instincto”, “iniciando assim a sua carreira de cavalleiro andante da deusa Libertas”, A. Piccarolo, 1935, p.10. . Volendo proprio segnalare due invarianti dell’opera che suturano tra loro le diverse parti e contribuiscono in un certo modo a tessere la unità temporalmente trascendente, a consolidare al rigidità statuaria del ritratto, occorre senz’altro menzionare innanzitutto l’enfasi posta sull’idealismo del personaggio “soldato e sacerdote” (p.18) “apostolo” (p.20) della libertà, poi l’importanza rivestita dalla internazionale, diremmo così, delle associazioni segrete in quanto vere e proprie artefici delle cospirazioni dei due mondi17 17 Cfr. Passi come “Avendo già egli preso parte alle associazioni segrete d’Italia, specialmente la Carboneria, che fu una delle forze principali del Risorgimento italiano, traspose a Buenos Aires i sistemi di organizzazione e di lotta praticati in patria, entrando in logge massoniche già costituite o fondandone nuove, sul modello delle “vendite” della carboneria”, nel testo originale: “Tendo elle já tomado parte nas associações secretas da Italia, especialmente na Carbonaria, que foi uma das forças principaes do Resurgimento italiano, transportou em Buenos Aires os systemas de organisação e de luta praticados na sua patria, entrando nas lojas maçonicas já consituidas, ou fundando lojas novas, moldadas nos typos das “vendas” da Carbonaria” (Ivi, p.13-14). , il che conferma il carattere tutt’altro che accessorio di questo quarto capitolo dell’opera.

Ancora dal punto di vista formale, va osservato come il biografo si serva, in modo più accentuato nella terza parte, nella ricostruzione cioè della vicenda risorgimentale di Zambeccari, di un ampio corredo documentario, soprattutto di lettere dello stesso biografato, un tratto questo che forma, all’interno del genere biografico, quasi un sottogenere proprio, quello della trascrizione di documenti originali, quasi un ricalco sull’autografo di colui che viene ritratto, con la conseguente riduzione delle distanze tra soggetto e oggetto della ricostruzione, a riprova proprio della porosità testuale del contenitore biografico18 18 Cfr. A. Battistini, 1990, p.202 e R. Vecchi, 2000, p. 206-207. .

Semmai un elemento innovativo che si scorge nella biografia di Piccarolo rispetto alle precedenti è costituito dal tentativo del biografo di ricostruire la voce del biografato, di farlo in un certo senso parlare, di conferirgli ad ogni costo la parola. Non si tratta evidentemente solo di artificio letterario, ma di un modo per modernizzare un modello biografico come quello riproposto, altrimenti obsoleto e troppo statico, accentuando la misura della individualità viva del personaggio narrato. Tale sforzo non avviene solo, come prima si notava, per citazione testuale, di documenti attribuibili allo stesso Zambeccari, ma anche attraverso strategie parastoriografiche più sottili. Si veda ad esempio come Piccarolo assuma integralmente la informazione, confermata con dovizia testimoniale dal testo di A. Varela, secondo cui Zambeccari sarebbe stato l’autore dei discorsi del leader Farroupilha Bento Gonçalves e, riportando alla lettera un proclama del generale gaúcho (peraltro alla prima persona), lo ripropone come se fosse pronunciato effettivamente dallo stesso Zambeccari, dunque portando alla luce e in modo suggestivo la sua voce latente, creando una vera e propria prosopopea19 19 Vale la pena di citare il passo del manifesto “polifonico”, i cui valori declamati servono per meglio definire il profilo ideale del biografato, in modo da potere apprezzare la voce archeologica, evidentemente tutta letteraria, di Zambeccari: tr.it. “Compatrioti! L’amore per l’ordine e per la libertà, a cui mi consacrai sin dalla mia infanzia, mi strapparono dal godimento del piacere della vita privata per concorrere con voi alla salvezza della nostra amata patria. Vidi l’arbitrio elevato al trono, e non potei essere per più tempo sordo ai vostri giusti clamori… Compatrioti, i vostri auspici e le vostre giuste esigenze sono già soddisfatti. Decadde quella autorità, il cui manto copriva gli attentati di uomini perversi, che hanno condotto questa benemerita provincia sull’orlo del baratro… Correste alle armi dopo avere esaurito tutti i mezzi che la prudenza e l’amore per l’ordine vi suggerivano, non per distruggere, ma sì per consolidare la sacra costituzione a cui abbiamo giurato… Sappia il Brasile che il 20 settembre 1835 fu la conseguenza inevitabile di una cattiva e odiosa amministrazione”, nel testo originale: “Compatriotas! O amor á ordem e á liberdade, a que me consagrei desde a minha infancia, me arrancaram do gozo do prazer da vida privada para correr comvosco á salvação da nossa querida patria. Vi a arbitrariedade enthronizada, e não pude ser por mais tempo surdo a vossos justos clamores... Compatriotas, vossos votos e vossas justas exigencias já estão satisfeitas. Caducou aquella autoridade, cujo manto cobria os attentados de homens perversos, que têm conduzido esta benemerita provincia á orla do precipicio... Correstes ás armas depois de haver exgotado todos os meios que a prudencia e o amor á ordem vos suggeriu, não para destruir, mas sim para consolidar a sagrada constituição que juramos... Conheça o Brasil que o dia 20 de setembro de 1835 foi a consequencia inevitavel de uma má e odiosa administração” (Ivi, p. 26). .

Ma il capitolo che differenzia la biografia di Piccarolo, del riformista Piccarolo, è indubbiamente quello dedicato alla massoneria, che funge quasi da appendice (dopo che la ricostruzione biografica si è interamente data nei primi tre capitoli) ma che al contempo svolge una funzione essenziale nell’articolare il ritratto di Zambeccari. Si tratta in realtà di una mappa storica della massoneria, delle sue appendici italiane (la variante carbonara con i suoi tratti peculiari) del suo radicamento in Brasile, dei volti illustri che la costituiscono (con anche una carrellata bolognese che annovera Saffi, De Meis, Filopanti, Andrea Costa, Carducci), dove l’enfasi cade sul contributo fondamentale che essa fornisce, a detta di Piccarolo, come motore della storia nazionale (italiana e brasiliana). Tuttavia in questo quadro di Grandi Orienti che si inaugurano, si fa strada la convinzione che la modernizzazione storica e culturale della Italia - e dunque anche quella possibile del paese che accoglie gli esuli e emigranti italiani, il Brasile appunto - abbia proprio la massoneria come grande vettore della modernizzazione, e che i grandi momenti ed i processi di riforma sostanziali, così come può essere riletto a posteriori anche il Risorgimento nel suo complesso, siano tributari dell’associazionismo segreto (e che quindi la ricostruzione storica del Risorgimento possa avvenire attraverso la rievocazione del pensiero e dalla azione di massoni celebri che Piccarolo convoca per nome: Cavour, Nigra e Garibaldi). Piccarolo recupera qui una definizione che di Zambeccari aveva dato proprio Giosuè Carducci, come mistico della azione, come “trascendente nel romanticismo della azione”20 20 Carducci si riferisce a coloro che entrarono in rapporto epistolare con la contessa Maria Teresa Gozzadini, in Ivi, p.61. che rafforza la rappresentazione del suo biografato come l’esecutore di una missione innanzitutto civilizzatrice, il sacerdote, l’apostolo laico - secondo la serie lessicale spiritualizzante che viene impiegata nel testo - di valori elevati e moderni, come quello “supremo” della libertà.

Tale considerazione dischiude allora forse una fessura interpretativa attraverso la quale si può meglio intendere il pensiero di HYPERLINK "#mkp_ref_09" PICCAROLO, Antonio. Livio Zambeccari (Apóstolo de liberdade na América e na Europa). São Paulo. 1935., a São Paulo, del vissuto di Livio Zambeccari. La biografia contribuisce cioè molto di più a mettere a fuoco le caratteristiche del biografo rispetto a quelle del biografato nel senso che la forma biografica, come nota S. Kofman nella sua lettura freudiana del genere, si fonda in buona sostanza su una illusione per la quale il biografo tende a sopprimere la distanza che lo separa dal suo oggetto, trasformando così la sua ricostruzione dell’altro in una confessione nascosta di sé, secondo l’identificazione narcisistica che si crea tra biografo (come mediatore tra l’altro ed il pubblico) e biografato e che ricorda da vicino, sempre in chiave psicanalitica, quella che può scattare tra figlio e padre21 21 Cfr. S. Kofman, 1970, p.31-34. .

I Risorgimenti (plurali) che la evocazione di Zambeccari (così come era stato per altri ritratti di Piccarolo dedicati ad eroi dei due mondi come Garibaldi per esempio) concorreva a creare, sono molto di più iscritti nella turbolenta circostanza storica brasiliana degli anni ’30 (del Novecento) piuttosto che nella temperie di un secolo prima. Il presente, attraverso la esperienza della emigrazione, poteva essere reso come la continuità di un Risorgimento che, dopo avere contribuito a realizzare la unità d’Italia, poteva gettare le basi per un nuovo ordine sociale anche in terra americana, grazie all’apporto fondamentale della “comunità italiana”. Una idea di Risorgimento, questa, che non rappresenta solo la mediazione tra ideali socialisti e massonici, ma la sintesi dell’intero e variegato spettro ideologico di Antonio Piccarolo e della sua vagheggiata idea di modernizzazione e riforma in senso nazionale, in un momento in cui il nazionalismo in quanto ideologia stava conoscendo una fase di esasperazione che sarà poi decisiva per produrre la svolta autoritaria del ‘37.

Non a caso, in uno scritto antifascista pubblicato sul numero del giornale “Il Risorgimento” del 1 marzo del 1928, Piccarolo osservava: “Dei grandi, di tutti i martiri del Risorgimento, dobbiamo riprendere l’opera… L’opera delle nuove generazioni dovrà essere, soprattutto, un’opera di educazione politica e morale… Il Risorgimento di oggi deve riprendere il Risorgimento passato ed essere la sua continuazione… il popolo non deve attendere la propria emancipazione dall’alto, ma deve cercarla in se stesso, nella propria coscienza, nella propria dignità. Noi aiuteremo in questa opera”22 22 Testo originale: “Dos grandes, de todos os martires do Risorgimento, devemos retomar a obra… A obra das novas gerações deverá ser, principalmente, uma obra de educação política e moral... O Risorgimento de hoje deve retomar o Risorgimento passado e ser a sua continuação... o povo não deve esperar a sua emancipação do alto, mas buscá-la em si mesmo, na própria consciência, na própria dignidade. Nós ajudaremos nesta obra” cit. da A. Hecker, 1989, p.186. , in un momento in cui il fascismo italiano lasciava intravedere i pericoli di involuzione democratica che il Varguismo, con l’accentuazione della retorica nazionalistica, avrebbe poi riproposto negli anni ’30. Questo può spiegarci allora l’interesse per Zambeccari in questa difficile fase della storia del Brasile, della storia d’Italia: la memoria risorgimentale, i valori in essa iscritti, potevano ricomporre un orizzonte utopico sul quale mantenere viva la idea di una riforma possibile, di un Risorgimento che poteva finalmente concludersi. Così la biografia di Zambeccari, molto di più che una biografia storicamente fondata, trasmette i riflessi biografici del suo biografo, di Antonio Piccarolo, mostrano la figura di una discendenza, quasi una consanguineità, tra biografato e biografo.

Zambeccari, non mettendo mano alla proprio autobiografia, ma al contrario raccogliendo e organizzando i materiali documentari perché un giorno un biografo del futuro potesse costruire la sua icona biografica più acconcia, aveva mostrato come attraverso resti e reliquie del proprio passato, più con il piglio del collezionista che con quello dello storico, si poteva tentare di condizionare la formazione di una propria immagine a beneficio della storia. In un qualche modo, è questo l’atteggiamento che possiamo riconoscere anche nel Piccarolo biografo di Zambeccari, nel cui testo riaffiorano, ancora oggi, vestigia e frammenti di una tempo, che è il proprio e non quello del passato, nel quale non vi è spazio ancora una volta per l’idealismo e per gli idealisti votati alla sconfitta e all’oblio.

Materiali dispersi che più di rappresentare una biografia assente o parziale, ritratti di inchiostro e carta, specchi di parole, ci aiutano a capire però, e dal di dentro, il loro vero funzionamento, la loro intima complessità. E dunque a colmare, probabilmente, qualche lacuna della storia. Mostrando come anche questo italiano sull'oceano, attraverso la sua biografia risorgimentale, ci parli molto di sé, del suo tempo, di una Italia errante e diasporica, che ci offre piccole e grandi memorie tutte minacciate e seriamente a rischio. Che un genere complessamente rappresentativo come la biografia aiuta, anche se solo per frammenti e tracce, a salvare e a trasmettere.

BIBLIOGRAFIA

  • BATTISTINI, Andrea. Lo specchio di Dedalo Autobiografia e biografia. Bologna: Il Mulino, 1990.
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  • CANDIDO, Antonio. Teresina etc Rio de Janeiro: Paz e Terra, 1980.
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  • CARONE, Edgar. A República Velha (instituições e classes sociais). 2. ed. São Paulo: Difel, 1972.
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  • LEITMAN, Spencer. Revolucionários Italianos no Império do Brasil. In: DACANAL, José Hildebrando. A Revolução Farroupilha: Historiografia e Interpretação. Porto Alegre: Mercado Aberto, 1985. p. 98-109.
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  • TABAJARA, Ruas. Os varões assinalados 2. ed. Porto Alegre: Mercado Aberto, 1985.
  • VARELA, Alfredo. História da grande Revolução O ciclo farroupilha no Brasil. Porto Alegre: Globo, 1933.
  • VECCHI, Roberto. Estilhaços de ausências: vidas como texto em Olga, de Fernando Morais, e No hospício, de Rocha Pombo. In: DE DECCA, Edgar Salvadori; LEMAIRE, Ria. Pelas margens. Outros caminhos da história e da literatura. Campinas: Editora da Unicamp, 2000. p. 191-209.
  • 1
    Sotto forma di esposizione orale, parti di questo articolo sono state presentate al Convegno internazionale “Italiani sull’oceano. Relazioni artistiche tra Italia e Brasile nel ‘900” svoltosi a Milano, presso il Museo delle Culture, tra il 3 e il 5 maggio 2016.
  • 2
    Traggo una parte delle notizie biografiche su Piccarolo dall’importante studio storico politico di Alexandre Hecker, 1989HECKER, Alexandre. Um socialismo possível. A atuação de Antonio Piccarolo em São Paulo. São Paulo: Queiroz, 1989., in particolare p.6-20.
  • 3
    Ricorderà di quest’epoca Piccarolo «Si aveva come la impressione di trovarsi in Italia, in una Italia di oltremare, dove, insieme con la lingua, sono trapiantati i costumi, le tradizioni domestiche, le feste popolari, ovvero tutto ciò che ci può ricordare alla lettera la nostra terra di origine» (trad. it. dell’articolo apparso su O Estado de São Paulo del 29 gennaio 1913 e pubblicato in Carelli, 1985CARELLI, Mario. Carcamanos e comendadores. Os italianos em São Paulo da realidade à ficção (1919-1930). São Paulo: Ática, 1985., p.31.)
  • 4
    Cf. Carone, 1972CARONE, Edgar. A República Velha (instituições e classes sociais). 2. ed. São Paulo: Difel, 1972., p. 206-208.
  • 5
    Si veda A. Candido, 1980CANDIDO, Antonio. Teresina etc. Rio de Janeiro: Paz e Terra, 1980., p.53.
  • 6
    A. Hecker, op.cit., p.16.
  • 7
    “Estas retomam, de certa forma, o método descritivo e o andamento erudito das primeiras produções italianas de Piccarolo. Porém, o fazem sempre coligando o patriotismo italianos a fatos da vida política brasileira numa espécie de simbiose afetiva internacional” (Ivi, p.18).
  • 8
    Cfr. Battistini, 1990BATTISTINI, Andrea. Lo specchio di Dedalo. Autobiografia e biografia. Bologna: Il Mulino, 1990., p. 206. Per un efficace repertorio di contributi sul rapporto biografia e storia, si rimanda al volume curato da A. RiosaRIOSA, Alceo. Biografia e storiografia. Milano: Franco Angeli, 1983. per la Fondazione G. Brodolini, 1983 sul dibattito critico in Italia, in un contesto culturale insomma influenzato in parte dalle note riserve crociane intorno ad un genere (riconducibili all’opera Teoria e storia della storiografia del 1916) tuttavia praticato dallo stesso filosofo (Vite di avventura, di fede e di passione del 1935). Ancora, sempre sui problemi interdisciplinari collegati al genere biografico, si rimanda al numero monografico di Sigma, XVII, 1-2 (1985).
  • 9
    S.L. Leitman, 1985LEITMAN, Spencer. Revolucionários Italianos no Império do Brasil. In: DACANAL, José Hildebrando. A Revolução Farroupilha: Historiografia e Interpretação. Porto Alegre: Mercado Aberto, 1985. p. 98-109., p. 109 (una prima versione di questo studio era apparsa in “Italian Americana”, 2, 2, 1976).
  • 10
    Tabajara Ruas, 1985TABAJARA, Ruas. Os varões assinalados. 2. ed. Porto Alegre: Mercado Aberto, 1985., p. 6-7: “Livio Zambeccari era geografo per vocazione, naturalista per curiosità e politico per il romanticismo che ardeva nel suo temperamento. Romanticismo che lo obbligò ad esiliarsi in Spagna, nell’estate dei vent’anni, e a scrivere versi di furore incandescente, ricolmi di metafore con petali e stelle”, t.d.a. dall’originale “Lívio Zambeccari era geógrafo por vocação, naturalista por curiosidade e político pelo romantismo que ardia em seu temperamento. Romantismo que obrigou-o a exilar-se na Espanha, no verão dos vinte anos, e a escrever versos de furor incandescente, recheados de metáforas com pétalas e estrelas”.
  • 11
    A. Varela, Porto Alegre, Globo, 1933VARELA, Alfredo. História da grande Revolução. O ciclo farroupilha no Brasil. Porto Alegre: Globo, 1933., v. II, p.60: “Não traçou este, aliaz, uma autobiographia. Reuniu em 3 grossos volumes (in-4.ºgrande) todos os elementos que possuia, como appendice ao trabalho de Spartaco. De punho do heroe bolonhez se nos deparam apenas umas poucas e curtas notas, á margem de folhas-publicas do tempo”.
  • 12
    Sempre A. Varela (Ibidem) accenna alla esistenza di un’altra biografia di Zambeccari compresa in uno dei volumi di documenti da lui raccolti e attribuita a Cesare Parnini, ammettendo di non averla potuto consultare. Di essa, però, non vi è traccia nei materiali biografici raccolti da Zambeccari né altrove.
  • 13
    Spartaco, Napoli, 1861SPARTACO, Enrico. Livio Zambeccari. Napoli: Stabilimento Tipografico, 1861..
  • 14
    È l’ipotesi che formula con sicurezza anche A. Varela, op.cit., p.62 e p.66 (e che in seguito verrà sottoscritta anche da Antonio Piccarolo) che segnala anche le contraddizioni e gli errori presenti nella ricostruzione di Spartaco del periodo gaúcho di Zambeccari da ascrivere alle cattive fonti su cui si sarebbe basato.
  • 15
    F. Bertolini, Bologna, 1885BERTOLINI, Francesco. Livio Zambeccari. Cenni biografici. Bologna: Zanichelli, 1985..
  • 16
    “reaccionarios por instincto”, “iniciando assim a sua carreira de cavalleiro andante da deusa Libertas”, A. Piccarolo, 1935, p.10.
  • 17
    Cfr. Passi come “Avendo già egli preso parte alle associazioni segrete d’Italia, specialmente la Carboneria, che fu una delle forze principali del Risorgimento italiano, traspose a Buenos Aires i sistemi di organizzazione e di lotta praticati in patria, entrando in logge massoniche già costituite o fondandone nuove, sul modello delle “vendite” della carboneria”, nel testo originale: “Tendo elle já tomado parte nas associações secretas da Italia, especialmente na Carbonaria, que foi uma das forças principaes do Resurgimento italiano, transportou em Buenos Aires os systemas de organisação e de luta praticados na sua patria, entrando nas lojas maçonicas já consituidas, ou fundando lojas novas, moldadas nos typos das “vendas” da Carbonaria” (Ivi, p.13-14).
  • 18
    Cfr. A. Battistini, 1990BATTISTINI, Andrea. Lo specchio di Dedalo. Autobiografia e biografia. Bologna: Il Mulino, 1990., p.202 e R. Vecchi, 2000VECCHI, Roberto. Estilhaços de ausências: vidas como texto em Olga, de Fernando Morais, e No hospício, de Rocha Pombo. In: DE DECCA, Edgar Salvadori; LEMAIRE, Ria. Pelas margens. Outros caminhos da história e da literatura. Campinas: Editora da Unicamp, 2000. p. 191-209., p. 206-207.
  • 19
    Vale la pena di citare il passo del manifesto “polifonico”, i cui valori declamati servono per meglio definire il profilo ideale del biografato, in modo da potere apprezzare la voce archeologica, evidentemente tutta letteraria, di Zambeccari: tr.it. “Compatrioti! L’amore per l’ordine e per la libertà, a cui mi consacrai sin dalla mia infanzia, mi strapparono dal godimento del piacere della vita privata per concorrere con voi alla salvezza della nostra amata patria. Vidi l’arbitrio elevato al trono, e non potei essere per più tempo sordo ai vostri giusti clamori… Compatrioti, i vostri auspici e le vostre giuste esigenze sono già soddisfatti. Decadde quella autorità, il cui manto copriva gli attentati di uomini perversi, che hanno condotto questa benemerita provincia sull’orlo del baratro… Correste alle armi dopo avere esaurito tutti i mezzi che la prudenza e l’amore per l’ordine vi suggerivano, non per distruggere, ma sì per consolidare la sacra costituzione a cui abbiamo giurato… Sappia il Brasile che il 20 settembre 1835 fu la conseguenza inevitabile di una cattiva e odiosa amministrazione”, nel testo originale: “Compatriotas! O amor á ordem e á liberdade, a que me consagrei desde a minha infancia, me arrancaram do gozo do prazer da vida privada para correr comvosco á salvação da nossa querida patria. Vi a arbitrariedade enthronizada, e não pude ser por mais tempo surdo a vossos justos clamores... Compatriotas, vossos votos e vossas justas exigencias já estão satisfeitas. Caducou aquella autoridade, cujo manto cobria os attentados de homens perversos, que têm conduzido esta benemerita provincia á orla do precipicio... Correstes ás armas depois de haver exgotado todos os meios que a prudencia e o amor á ordem vos suggeriu, não para destruir, mas sim para consolidar a sagrada constituição que juramos... Conheça o Brasil que o dia 20 de setembro de 1835 foi a consequencia inevitavel de uma má e odiosa administração” (Ivi, p. 26).
  • 20
    Carducci si riferisce a coloro che entrarono in rapporto epistolare con la contessa Maria Teresa Gozzadini, in Ivi, p.61.
  • 21
    Cfr. S. Kofman, 1970KOFMAN, Sarah. L'illusion biographique, in L'enface de l'art. Une interprétation de l'esthétique freudienne. Paris: Payot, 1970., p.31-34.
  • 22
    Testo originale: “Dos grandes, de todos os martires do Risorgimento, devemos retomar a obra… A obra das novas gerações deverá ser, principalmente, uma obra de educação política e moral... O Risorgimento de hoje deve retomar o Risorgimento passado e ser a sua continuação... o povo não deve esperar a sua emancipação do alto, mas buscá-la em si mesmo, na própria consciência, na própria dignidade. Nós ajudaremos nesta obra” cit. da A. Hecker, 1989HECKER, Alexandre. Um socialismo possível. A atuação de Antonio Piccarolo em São Paulo. São Paulo: Queiroz, 1989., p.186.

Publication Dates

  • Publication in this collection
    11 Dec 2023
  • Date of issue
    Sep-Dec 2023

History

  • Received
    26 Sept 2023
  • Accepted
    21 Oct 2023
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