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L'Economico di Senofonte: la “maîtresse de la maison”

Xenophon’s Oeconomicus: the “maîtresse de la maison”

Resumen:

L’Economico di Senofonte contiene un interessante trattato sulla vita matrimoniale: al centro di questo trattato si colloca la figura della moglie di Iscomaco, così come viene delineata da quanto quest’ultimo narra a Socrate. Una figura in parte innovativa, in quanto viene associata alla gestione dell’oikos come responsabile di quanto si svolge all’interno della casa: un ruolo diverso da quello del marito, che si occupa e dirige ciò che si svolge all’esterno: i compiti di moglie e marito risultano quindi diversi ma complementari. Questa differenza di attitudini e quindi di ruoli è presentata come voluta sia dalla divinità, sia dalla natura (in quanto strumento della divinità) sia dalla consuetudine (nomos). La moglie di Iscomaco viene quindi a configurarsi come una collaboratrice e una compagna per il marito. Tuttavia questa moglie non intrattiene con il marito una relazione paritaria: infatti gestisce attività e persone all’interno della casa secondo le direttive impartite dal marito; anche nella sfera della vita sessuale deve adeguarsi ai desideri e alle convinzioni di Iscomaco; il suo stesso status di moglie sarà mantenuto soltanto se lei risponderà alle sue aspettative: paradossalmente la sua stessa autonomia è in realtà eterodiretta. Se pure può considerarsi una “maîtresse de la maison”, tuttavia, come ha sottolineato con una formula efficacissima Foucault, si tratta comunque di una “maîtresse obéissante de la maison”.

Palabras clave:
oikos; gestione; moglie; compagna

Abstract:

Xenophon’s Oeconomicus includes an interesting treatise on married life, at the hearth of which is the figure of Ischomachus’ wife, such as she is described by Ischomachus’ words to Socrates. It is an almost innovative figure, because she shares the management of the oikos as being responsible for what is carried out within the oikos: her role is different from her husband’s, who runs and manages what is carried out outside of the oikos. Therefore husband’s and wife’s tasks are different, though complementary. The difference in inclinations and, therefore, roles is shown as established by god, nature (as an instrument of god) and custom (nomos). So Ischomachus’ wife is a collaborator and companion of her husband, even though she does not have an equal relation with her him: she manages the activities and people within the oikos according to her husband’s directives. Also in the sphere of sexual life she has to conform to his desires and convictions; her own status as a wife will be preserved only if she meets his expectations: paradoxically her own autonomy is other-directed. Even if she may be considered a “maîtresse de la maison”, nevertheless, as Foucault outlined with a very incisive expression, she is anyway the “maîtresse obéissante de la maison”.

Keywords:
oikos; management; wife; companion

Uno dei significati del termine oikos è quello di famiglia: Senofonte dunque non poteva esimersi dall’affrontare questo aspetto, anche se la sua trattazione è circoscritta alla coppia, con esclusione, se non per qualche cenno isolato (Oec. 7.11-12; 7.19; 7.24; 7.42), di qualsiasi riferimento ai figli. A ragione Foucault (1984FOUCAULT, M. (1984). L'usage des plaisirs. Paris, Gallimard., p. 198) osserva che l'Economico contiene un trattato sulla vita matrimoniale: di questo infatti si tratta e non di un trattato sulla vita della famiglia. Una simile scelta da parte di Senofonte non ha mancato di suscitare perplessità e interrogativi, dato che i figli vengono presentati come uno degli obiettivi in funzione dei quali viene stipulato il matrimonio (Oec. 7.11). Le motivazioni di questa scelta meriterebbero di essere indagate: tuttavia lascerò da parte questo problema, così come la tormentata questione della storicità della moglie di Iscomaco. Pertanto la moglie di Iscomaco di cui mi occuperò è soltanto quella che vive nelle pagine dell'Economico.

1. La moglie di Iscomaco prima di Iscomaco.

Le prime parole che Iscomaco pronuncia riguardo a sua moglie la presentano qual è al momento della sua conversazione con Socrate, cioè come una donna in grado di amministrare da sola quanto si trova all'interno dell'abitazione (Oec. 7.3). Subito dopo, tuttavia, prima di narrare come abbia educato sua moglie a questo fondamentale compito, Iscomaco traccia un rapido quadro di come era sua moglie quando l’aveva sposata.

Innanzi tutto è giovanissima, non ha ancora quindici anni (Oec. 7.5): un dato che non ha nulla di eccezionale, anzi costituiva l’età media del matrimonio per le ragazze ateniesi e coincideva con l’età media del menarca (Pomeroy, 1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., 268-269). Del resto anche la moglie di Critobulo, al momento del matrimonio, era giovanissima e aveva visto e ascoltato il meno possibile (Oec. 3.13), proprio come la moglie di Iscomaco (Oec. 7.5). Della educazione ricevuta in precedenza da quest’ultima sappiamo tuttavia qualcosa di più: Iscomaco infatti precisa che aveva imparato a lavorare la lana e osservato come distribuire tra le schiave il lavoro della tessitura, ma soprattutto era stata educata a controllare il desiderio di cibo e bevande (Oec. 7.6), quindi a esercitare la enkrateia in due degli ambiti che le sono propri. Sia la moglie di Iscomaco sia la moglie di Critobulo sembrano dunque rappresentare la condizione della ragazza ateniese al momento del matrimonio: giovanissima e pressoché ignara di tutto e, in particolare, di quelli che, secondo Iscomaco ma anche secondo Socrate (Oec. 3.10), sono i compiti inerenti al suo ruolo di moglie.

Il modello di moglie delineato da Iscomaco risulta, per diversi aspetti, innovativo e Iscomaco stesso viene quindi a configurarsi come un marito che si allontana dalla figura tradizionale del marito ateniese, incarnato da quel Critobulo a cui Socrate non manca di rimproverare il suo comportamento (Oec. 3.12-13). Ma c’è di più: in Oec. 3.15, a conclusione di quella parte della conversazione con Critobulo che verte sui rapporti tra marito e moglie, Socrate stesso anticipa la suddivisione di ambiti e di competenze che Iscomaco illustrerà ampiamente in Oec. 7.16-43.

2. Il grande mito di fondazione (Oec. 7.16-43).

Il nucleo centrale del primo discorso di Iscomaco a sua moglie è stato a buon diritto definito da Roscalla (1991ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR., p. 128, n. 11) un vero e proprio mito di fondazione. Prima di esaminarne i contenuti, è opportuno soffermarsi brevemente sulla situazione in cui questo discorso si sviluppa.

Iscomaco infatti precisa che, prima di dare inizio all’educazione di sua moglie, si è preoccupato di compiere un sacrificio e di pregare gli dèi per il buon esito dell'impresa,1 1 In sintonia con il Senofonte dell’Anabasi, che non dimentica mai di offrire un sacrificio prima di affrontare un combattimento o una sortita. cioè perché lui fosse in grado di insegnare e lei di imparare ciò che è meglio per entrambi (Oec. 7.7). Non si tratta di un dettaglio di scarsa importanza: vedremo infatti che alla divinità verrà assegnato un ruolo di primo piano nell’attribuzione di funzioni e ruoli distinti all’uomo e alla donna. Così come non costituisce un dettaglio irrilevante il comportamento della moglie di Iscomaco in questa circostanza: non solo partecipa al sacrificio e alle preghiere, ma promette agli dèi di “diventare come si deve” (Oec. 7.8: genesthai oian dei): non a caso, viene qui ripresa l'espressione usata poco prima da Socrate (Oec. 7.4: einai oian dei). Se pure Iscomaco chiede agli dèi che entrambi possano essere all’altezza dei compiti che li attendono, tuttavia qui emerge una prima dissimmetria: è la moglie che deve diventare “come si deve”, Iscomaco, il perfetto kalos kagathos, lo è già. Né ci deve sfuggire l’assoluta fiducia di Iscomaco nell’efficacia dei propri insegnamenti (Oec. 7.8). Infine questa parte introduttiva puntualizza il momento in cui Iscomaco dà inizio all’educazione di sua moglie: non subito dopo il matrimonio, bensì dopo un certo lasso di tempo. Iscomaco infatti può cominciare a dialogare (dialegesthai) soltanto quando ormai sua moglie moi cheiroethes en kai etetithaseuto, cioè, letteralmente, “si lasciava trattare da me ed era addomesticata” (Oec. 7.10). Entrambi i termini chiave, l'aggettivo cheiroethes e il verbo tithaseuo, sono correntemente utilizzati per animali che vengono addomesticati. Pomeroy (1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 272) fa notare che nei testi greci riferirsi all’educazione di una ragazza come a un processo in cui essa viene “addomesticata” è tutt'altro che infrequente; inoltre ricorda il rituale in onore di Artemide a Brauron, a cui le ragazze ateniesi partecipavano vestite da orse, un abbigliamento che simboleggiava anche la loro natura “selvaggia” prima che il matrimonio intervenisse ad addomesticarle.2 2 Per questo rituale, che rappresentava la trasformazione e la integrazione nei culti ufficiali di un antico rito di iniziazione, risulta tuttora fondamentale Brelich (1969, p. 229-311). Qui l’“addomesticamento” della sposa è finalizzato alla possibilità di dialegesthai, di intrattenere un dialogo, e coincide quindi con l’acquisizione di una dimensione compiutamente umana. Vale la pena di ricordare che un’analogia con gli animali viene istituita da Iscomaco anche a proposito degli schiavi: egli asserisce infatti che i metodi che funzionano per abituare all’obbedienza gli animali valgono anche per gli schiavi (Oec. 13.6-9). In qualche misura, quindi, la moglie e gli schiavi sono accomunati da una originaria natura vicina a quella degli animali,3 3 Per altro con qualche differenza: mentre gli schiavi sono presentati come schiavi del ventre (Oec. 13.9), la moglie di Iscomaco, già al momento del matrimonio, risultava perfettamente educata all'autocontrollo in questo ambito (Oec. 7.6). anche se nel caso della moglie si tratta di una natura transitoria, destinata a venire modificata in prima battuta dal matrimonio e poi dall’educazione impartitale dal marito, mentre nel caso degli schiavi sembra che soltanto quelli che vengono selezionati e formati per diventare epitropoi si elevino a una dimensione pienamente umana, tanto è vero che Iscomaco asserisce che, se danno buona prova di sé, li tratta come se fossero uomini liberi e addirittura li onora come kaloi kagathoi (Oec. 14.9).4 4 Su questa affermazione, a prima vista così sconcertante, vedi Bevilacqua (2018a, p. 52-55).

Dopo questa breve introduzione, Iscomaco comincia a riferire a Socrate la sua prima conversazione con la moglie, di tipo rigorosamente didattico. Il discorso di Iscomaco parte da quello che è lo scopo del matrimonio, che è in funzione dell'oikos e dei figli. Pertanto è in vista della gestione e dell'accrescimento dell'oikos, qui da intendersi come patrimonio familiare, e della procreazione e dell’educazione dei figli che bisogna scegliere il partner (koinonos) migliore possibile (Oec. 7.11): Iscomaco esclude che in tale scelta possa giocare un qualche ruolo l'attrazione sessuale (Oec. 7.11), in significativa consonanza con il Socrate dei Memorabili (Mem. 2.2.4). Riguardo alla scelta del coniuge è da notare che, mentre Iscomaco ha scelto la futura moglie, lui non è stato scelto dalla futura sposa, bensì dai genitori di lei: una prassi assolutamente comune, ma che, come rileva Foucault (1984FOUCAULT, M. (1984). L'usage des plaisirs. Paris, Gallimard., p. 203-204), costituisce una dissimmetria originaria che caratterizza il legame matrimoniale. Iscomaco esordisce dunque affermando che il matrimonio è in funzione dell'oikos e dei futuri figli: tuttavia riguardo a questi ultimi si limita a dire che le decisioni relative alla loro educazione sono da rimandare a quando verranno al mondo (Oec. 7.12)5 5 Si potrebbe leggere qui, dietro la maschera di Iscomaco, una dichiarazione autoriale di rinuncia ad affrontare in questa opera l'argomento dell’educazione dei figli. e a ribadire la tradizionale convinzione che vedeva nei figli degli alleati per i genitori e il loro sostegno nella vecchiaia (Oec. 7.12; 7.19). Quanto all'oikos, Iscomaco dichiara che non è importante chi dei due coniugi abbia contribuito con la maggior quantità di beni al nuovo oikos, ma che il contributo più importante lo dà chi si dimostra miglior compagno (Oec. 7.13). La moglie di Iscomaco si sente inadeguata rispetto a un simile compito: afferma infatti che l’unico compito indicatole da sua madre è semplicemente quello di sophronein (Oec. 7.14). Si tratta passaggio importante, perché in Senofonte (e in modo particolarmente evidente nei Memorabili) sophrosyne e sophronein sono sostanzialmente sinonimi di enkrateia, il dominio di sé che si esercita nei confronti del desiderio di cibo, bevande, sonno, sesso.6 6 Al riguardo rimangono fondamentali le osservazioni di North (1966, p. 123-132).

Iscomaco allora, rispondendo a sua moglie, non si limita ad accennare che il sophronein è ugualmente alla portata di uomini e donne, entrambi in grado di essere sophrones (Oec. 7.15), ma più avanti asserisce che il dio ha concesso ugualmente a uomini e donne la capacità di esercitare il dominio di sé (enkrateis de einai) negli ambiti in cui bisogna esercitarlo e che quindi può essere sia l’uomo sia la donna a rivelarsi superiore per enkrateia (Oec. 7.27). Sono affermazioni di notevole rilevanza e, come vedremo, tutt’altro che scontate.7 7 Per il Socrate di Senofonte la enkrateia non è semplicemente una virtù ma il fondamento stesso della virtù (Mem. 1.5.4; cf. anche 4.5.11), mentre per il Socrate di Platone la virtù ha il suo fondamento nella conoscenza: a prescindere da questo fatto, sembra comunque che tra i Socratici fosse diffusa la convinzione che la virtù, qualunque sia la sua natura e il suo fondamento, non solo è accessibile a uomini e donne, ma è anche la stessa in uomini e donne: cf. soprattutto Platone, Men. 71e1-73b5. Come è noto Aristotele polemizzerà apertamente contro questa tesi, da lui attribuita direttamente a Socrate: cf. infra. Ma al centro del discorso di Iscomaco, a partire da Oec. 7.16, si colloca il grande mito di fondazione del matrimonio: di fondazione perché a istituire il matrimonio e a stabilire la rigida suddivisione dei compiti (per altro complementari) tra l'uomo e la donna contribuiscono gli dèi (o il dio)8 8 Come ha ben visto Pomeroy (1994, p. 275), hoi theoi e ho theos nell'Economico sono usati indifferentemente. e la consuetudine (nomos) (Oec. 7.16), nonché la natura (physis), che verrà nominata solo più avanti (Oec. 7.22; 7.28), ma che già in questa prima enunciazione viene evocata dall’espressione hoi theoi ephysan, in cui la natura appare come uno strumento di cui la divinità si serve. Alla base di questa divisione / complementarietà di compiti si colloca la opposizione / complementarietà tra spazio interno ed esterno, il primo proprio della donna e il secondo dell'uomo. Una opposizione / complementarietà radicata in modo profondo nella cultura e nel pensiero greco (anche se non sempre consapevole ed esplicitata), come ha mostrato in un suo ormai classico saggio J.-P. Vernant (1963VERNANT, J.-P. (1963). Hestia-Hermès. Sur l'expression religieuse de l'espace chez les Grecs. L'Homme. Revue française d'anthropologie 3, p. 12-50. Ora in VERNANT, J.-P. (1965). Mythe et pensée chez les Grecs. Études de psycologie historique. Paris, Librairie François Maspero. p. 155-201.) a proposito della coppia Hermes ed Hestia, il primo legato agli spazi esterni, agli spazi dell’uomo, la seconda al centro della casa (il focolare), allo spazio chiuso della donna. Ed è in funzione di questa divisione degli spazi e dei compiti che il dio, asserisce Iscomaco, ha predisposto la natura della donna e dell’uomo (Oec. 7.22-25). Infine Iscomaco non manca di soffermarsi su quello che potremmo definire il terzo protagonista di questo mito di fondazione: ho nomos, la consuetudine, che interviene a integrare e confermare (synepainei) l’operato del dio (Oec. 7.30). Questo passaggio, Oec. 7.30, presenta due punti di grande rilevanza: innanzi tutto l’enfasi posta sull’elemento sociale, la consuetudine, che opera in piena sintonia con la divinità e quindi, implicitamente, anche con la natura;9 9 Questa sintonia tra nomos e physis risulta di estremo interesse e meriterebbe di essere precisata e approfondita nelle sue implicazioni, ma si tratta di un tematica che esula dagli orizzonti e dagli scopi del presente lavoro. in secondo luogo, ancora sul piano sociale, il riferimento alla sanzione che colpisce, nei consueti termini di decoro / vergogna, chi si appropria dello spazio e dei compiti assegnati all’altro sesso.

3. La regina delle api; la custode delle leggi.

Ancora nel corso di questa prima conversazione Iscomaco paragona le funzioni della moglie all’interno dell’oikos a quelle della regina delle api (Oec. 7.32-38) e, in una conversazione successiva, a quelle dei nomophylakes, i custodi delle leggi (Oec. 9.14-15). Si tratta di due paragoni degni di nota, soprattutto per le loro implicazioni ideologiche.

Già in Oec. 7.17, Iscomaco accenna di passaggio a un’analogia tra i compiti della moglie e quelli dell’ape regina; poco dopo sviluppa questa analogia affermando che l’ape regina profonde impegno e fatica per lavori simili a quelli della moglie, lavori che, proprio come quelli della moglie, le sono stati ordinati dal dio (Oec. 7.32). Iscomaco quindi illustra i punti di contatto tra i compiti della moglie e quelli dell’ape regina (Oec. 7.33-36), nell’ambito di un’analogia per altro non totale.10 10 Infatti tra i compiti della moglie non viene citato l’allevamento della prole e non vi è neppure un corrispettivo all’attività di promozione di colonie da parte dell’ape regina. Ma l’aspetto più interessante di questa analogia è un altro, che Pomeroy ha avuto il merito di evidenziare già in un suo articolo del 1984POMEROY, S. B. (1984). The Persian King and the Queen Be. American Journal of Ancient History 9, n. 2. p. 98-108. per poi riprenderlo nel suo commento all'Economico, e cioè che l’ape regina presenta a sua volta significativi punti di contatto con il re dei Persiani: non a caso il paragone tra il capo dello sciame e Ciro il Vecchio è esplicito in Cyr. 5.1.24. Più in generale, secondo Pomeroy (1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 240-242), si può pensare che l’amministrazione dell'impero persiano costituisca un modello per la gestione dell’oikos di Iscomaco e di sua moglie. Si tratta naturalmente di un impero persiano fortemente idealizzato: ciò non deve sorprendere se si tiene conto che la stesura della seconda parte dell’Economico si colloca in un periodo assai vicino (se non parzialmente sovrapposto) a quello in cui ha luogo la lunga composizione della Ciropedia,11 11 Come è noto, per la CiropediaDelebecque (1957, p. 399-405), propone una composizione scaglionata nell'arco di sette anni dal 365 al 358, individuando come terminus ante quem il 358 (data della morte di Artaserse II e di ascesa al trono di Artaserse III Ochos che Senofonte sembra ignorare) e come terminus post quem il 365, sulla base di diverse argomentazioni, per altro alquanto discutibili. Ancora Delebecque, 1957, p. 363-376, sostiene che la seconda parte dell'Economico sarebbe stata composta tra la fine del 362 e l'inizio del 361, quindi contemporaneamente a parte della Ciropedia. Personalmente sarei incline a ipotizzare una data più bassa per la seconda parte dell'Economico, in quanto indizi significativi sembrano denunciare una mancata revisione finale dell'opera nel suo complesso e puntare dunque al periodo immediatamente precedente la morte dell’autore: vedi Roscalla, 1991, p. 21-30. dove la componente politico-ideologica si accampa senza dubbio in primo piano.

Una non trascurabile rilevanza ideologica riveste anche la seconda analogia, o meglio il secondo modello proposto da Iscomaco alla moglie: quello dei nomophylakes, i “custodi delle leggi” (Oec. 9.14-15). Iscomaco infatti la esorta a considerarsi come “custode delle leggi” per ciò che si trova all’interno della casa (Oec. 9.15); inoltre la invita a passare in rassegna i vari oggetti, come fa il frurarco con le sentinelle, e a valutare in che stato si trova ciascun oggetto, come fa la Bulé con i cavalli e i cavalieri (Oec. 9.15). Tuttavia il riferimento più significativo è senza dubbio quello ai nomophylakes, mentre l'accenno al frurarco, alla Bulé e ai loro compiti è fatto di passaggio, con una sorta di omaggio equidistante a una carica militare dell'impero persiano12 12 Già ricordata in Oec. 4.7; 4.10: il frurarco è il comandante militare di una fortezza. Pomeroy (1994, p. 302), fa presente che anche ufficiali greci potevano avere questo titolo, ad es. nell'ambito dell'impero ateniese. Tuttavia mi sembra indubbio che qui Senofonte intendesse riferirsi ai frurarchi dell'impero persiano, sulle cui funzioni e responsabilità Socrate si era soffermato a lungo (Oec. 4.7-10) durante la conversazione con Critobulo. e alla Bulé ateniese, ricordata in uno dei suoi compiti di minore importanza, la valutazione dell'idoneità di cavalli e cavalieri, ma un compito a cui Senofonte era particolarmente sensibile e che non poteva esimersi dall'approvare.13 13 Su questa funzione della Bulé cf. Aristotele, Ath. 49. 1-2; Senofonte, Eq. Mag. 1.8; 1.13; 3.9-14. Non è un caso che Senofonte citi con approvazione un compito di tipo tecnico: ben difficilmente avrebbe potuto elogiare la Bulé come organo politico, dato che i suoi membri venivano nominati tramite la procedura del sorteggio, a cui Senofonte con ogni probabilità era avverso: un indizio importante, benché non decisivo, sono le argomentazioni contro il sorteggio attribuite al Socrate dei Memorabili (1.2.9; 3.9.10), ma verosimilmente condivise anche dallo stesso Senofonte. Ma chi erano i nomophylakes? Sia Chantraine (1949CHANTRAINE, P. (1949). Xénophon. Économique (texte établi et traduit par P. Chantraine). Paris, Les Belles Lettres., p. 75, n. 1) sia Roscalla (1991ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR., p. 156, n. 5) si limitano a ricordare che si trattava di una magistratura spartana; più dettagliate le informazioni fornite da Pomeroy, che, sebbene le fonti offrano scarso sostegno a tale ipotesi, non esclude che una carica simile esistesse anche ad Atene (Pomeroy, 1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 302). Si tratta comunque di una questione irrilevante: la chiave per comprendere questa esortazione non dipende infatti, a mio avviso, dall’appurare con precisione quali siano state le competenze di eventuali nomophylakes ad Atene o in altra parte del mondo greco, bensì dalle funzioni dei nomophylakes così come sono descritte da Iscomaco e dall’adattamento di tali funzioni alla gestione dell’oikos. Iscomaco infatti esordisce affermando che nelle città ben governate14 14 Secondo Roscalla (1991, p. 156, n. 5), si tratterebbe di un’allusione a Sparta, senz’altro probabile. Non bisogna però dimenticare che, come osserva Pomeroy, 1994, p. 302, l’insistenza sul rispetto e sulla difesa delle leggi vigenti era tipico degli aristocratici e dei conservatori: in particolare ad Atene rappresentava una sorta di baluardo ideologico contro gli psephismata, i decreti o comunque le decisioni che potevano essere prese dall’assemblea popolare senza tenere conto delle leggi in vigore (esemplare in tal senso la vicenda del processo agli strateghi della battaglia delle Arginuse: cf. Senofonte, HG 1.7.1-34). i cittadini non si limitano a stabilire per iscritto delle belle leggi, ma aggiungono ad esse dei nomophylakes, i quali lodano chi si comporta secondo le leggi, mentre puniscono chi le viola (Oec. 9.14). Quindi passa a spiegare come si traducono questi compiti all’interno della casa, cioè che cosa deve fare sua moglie per esercitare una simile funzione: dopo aver menzionato compiti metaforicamente simili a quelli del frurarco e della Bulé, Iscomaco aggiunge che sua moglie deve “in base alle possibilità a sua disposizione, lodare e onorare, come se fosse una regina, chi lo merita e invece biasimare e punire chi ne ha bisogno” (Oec. 9.15).15 15 Il compito di distribuire premi e punizioni agli schiavi di casa in base al loro comportamento era già stato enunciato, sia pure con minore enfasi, in Oec. 7.41. “Come se fosse una regina”: questo inciso, in apparenza marginale, mi sembra importantissimo per comprendere che la funzione di nomophylax assegnata alla moglie di Iscomaco è assimilabile a quella di un monarca che interviene a punire e a premiare, non diversamente dal Ciro della Ciropedia, che non solo mette in atto entrambe queste strategie, ma che in un passaggio cruciale (Cyr. 8.1.22) è definito una “legge dotata di vista”,16 16 Cyr. 8.1.22. A proposito di questa espressione Delebecque (1978, p. 167) fa notare che, in base a un significato di blepo (che si riscontra soprattutto nei tragici), essa potrebbe essere intesa anche come “legge vivente”. In tal caso verrebbe istituita una implicita opposizione tra il sovrano, “legge vivente”, perché in grado di intervenire attivamente, e le leggi scritte, che finirebbero per essere caratterizzate come morte, perché impotenti ad attuare quegli interventi che il sovrano è invece in grado di assicurare. Personalmente ritengo che Senofonte abbia scelto di utilizzare tale espressione proprio in funzione di questo duplice significato. capace di superare i limiti di efficacia delle leggi scritte, perché in grado di intervenire concretamente a dare ordini, a vedere chi li viola e a punire. Il re dei Persiani può dunque considerarsi, a buon diritto, come un nomophylax, come colui che garantisce il rispetto dei propri ordini e delle leggi stesse. D’altro canto la moglie di Iscomaco, nel suo ruolo di nomophylax, assolve anche a una delle funzioni che, a detta di Iscomaco, sono tipiche delle leggi del Gran Re che, a differenza di leggi pur valide come quelle di Dracone e di Solone (Oec. 14.4), non si limitano a punire chi sbaglia, ma si preoccupano anche di premiare i giusti (Oec. 14.7). Dunque anche l’invito a essere una custode delle leggi rinvia al tipo di leggi in vigore nell’impero persiano, nonché al ruolo esercitato dal fondatore dell’impero: come nella metafora dell’ape regina, anche in questo caso il modello evocato è quello della monarchia persiana idealizzata e ideologizzata, un modello che gioca un ruolo rilevante in buona parte dell'Economico.

4. La componente erotica e lo status di moglie.

Nei discorsi che Iscomaco tiene a sua moglie all'inizio del loro matrimonio non poteva essere del tutto assente qualche considerazione sulla componente erotica, sulla sessualità all'interno della coppia e in effetti, sia pure in termini velati, emergono alcune indicazioni significative.

Come si è accennato, Iscomaco non esita ad affermare che non è in base all'attrazione sessuale che si decide la scelta del coniuge (Oec. 7.11), una dichiarazione che, sia pure indirettamente, ci presenta Iscomaco come dotato di enkrateia nell'ambito della sessualità, in grado cioè di esercitare il necessario dominio di sé in questa sfera così delicata. Ma se la componente erotica può essere del tutto assente nella scelta del coniuge, non può esserlo ovviamente nella vita matrimoniale: anche in quest’ultima, tuttavia, Iscomaco propone un modello di relazione coniugale improntato alla enkrateia.

Iscomaco, come abbiamo visto, afferma che la enkrateia, per volere della divinità stessa, è alla portata sia dell'uomo che della donna e che l'essere enkrates in misura maggiore o minore non dipende dal genere, ma dall’individuo (Oec. 7.27). Nella sfera della sessualità, per altro, la enkrateia si realizza con modalità notevolmente differenti per l’uomo e per la donna. La moglie di Iscomaco, già prima del matrimonio, era stata predisposta alla enkrateia rispetto alla sessualità: Iscomaco infatti dichiara che era vissuta sotto un’attenta sorveglianza, affinché vedesse, ascoltasse e domandasse il meno possibile (Oec. 7.5) ed è sottinteso che una vita del genere l'aveva preservata da qualsiasi possibile tentazione, se non addirittura da qualsiasi curiosità in materia sessuale: è tipica infatti delle società patriarcali la convinzione che tenere le ragazze pressoché segregate fino al momento del matrimonio valga a impedire loro non soltanto qualsiasi contatto sessuale, ma addirittura qualsiasi fantasia al riguardo. Ma l'educazione impartita da Iscomaco deve fare in modo che, anche ora che ha una vita sessuale, sua moglie dia prova di autocontrollo, di enkrateia. Anche se più che di autocontrollo, sarebbe corretto parlare di un controllo eterodiretto, imposto da Iscomaco, sebbene prontamente accettato. Iscomaco, infatti, induce sua moglie a rinunciare al maquillage, abbandonando i trucchi (in senso letterale e metaforico) di una bellezza artificialmente perseguita a scopo di seduzione e quindi a esercitare la enkrateia anche nell’ambito della vita sessuale della coppia.

Prima di esaminare le argomentazioni di Iscomaco contro il maquillage, vale la pena di ricordare che i cosmetici erano largamente diffusi tra le donne greche: per limitarci a qualche esempio, l’uso della enchouse, insieme ad altri strumenti di seduzione, viene citato in un noto passo della Lisistrata (43-48), mentre nelle tombe di donne rispettabili è frequente la presenza di contenitori di cosmetici (Pomeroy, 1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 305). La moglie di Iscomaco come maquillage utilizza sia lo psimythion sia la enchouse (Oec. 10.2). Il primo era una pasta a base di carbonato di piombo, usata per rendere più bianca la pelle: mentre per gli uomini era ritenuto conveniente un colorito abbronzato, segno di una vita condotta prevalentemente all’aperto (come è il caso di Iscomaco),17 17 Cf. Oec. 7.2, dove Socrate nota che è la stessa condizione fisica di Iscomaco a rivelare che egli non trascorre il suo tempo in uno spazio interno: verosimilmente Socrate allude sia a una struttura fisica robusta sia alla pelle abbronzata. Soprattutto quest'ultima costituiva un indizio di uno status ben preciso: gli uomini che conservano un colorito pallido, perché rimangono a lavorare al chiuso, sono infatti coloro che esercitano le disprezzate arti manuali: cf. Oec. 4.2. per le donne, al contrario, una pelle quanto più bianca possibile costituiva l’indizio di una vita condotta nel chiuso dell'oikos. Un indizio di rispettabilità dunque, ma anche di status: infatti le mogli dei poveri ben difficilmente avrebbero potuto vantare una pelle bianchissima, dal momento che spesso erano costrette a uscire di casa per varie incombenze, poiché, come ricorda Aristotele (Pol. 6.8 1323a5-6), i poveri, non disponendo di schiavi, erano costretti a servirsi delle mogli e dei figli per i compiti propri degli schiavi stessi. Quanto alla enchouse si trattava di una sostanza per rendere più rosee le guance, una sorta di cipria o di fard. Inoltre la moglie di Iscomaco indossava delle “scarpe alte” (Oec. 10.2), cioè con una suola rialzata, allo scopo di sembrare più alta, dato che per i Greci, come risulta fin dai poemi omerici18 18 Cf., ad es., in relazione alla bellezza femminile Od. 5.217; 6.107-108; 6.151-152; 6.248-249; in relazione a quella maschile cf., ad es., Od. 6.230. e come conferma l’autorevole voce di Aristotele (EN 4.7 1123b6-8),19 19 Non diversa, benché implicita, l'opinione dello stesso Senofonte: cf. An. 3.2.25; Cyr. 5.1.5. l’alta statura era considerata una componente indispensabile della bellezza.

Veniamo ora alle argomentazioni di Iscomaco, che possono ridursi sostanzialmente a una sola: il maquillage è assimilabile a una contraffazione (Oec. 10.3) e, più in generale, a un inganno (Oec. 10.3; 10.5; 10.8; 10.13), perciò non può trovare posto nella relazione erotica tra marito e moglie (Oec. 10.5). Il matrimonio infatti prevede, come Iscomaco fa presente alla moglie, di mettere in comune i corpi (Oec. 10.4), quindi di evitare ogni contraffazione dei corpi stessi e di contare sull’attrazione che esercita il corpo al naturale (Oec. 10.7). Il rifiuto dell’inganno finalizzato alla seduzione amorosa non costituisce affatto una convinzione quasi scontata, come potrebbe sembrare a prima vista: al contrario una lunga tradizione poetica aveva esaltato il ruolo di Afrodite come patrona dell’inganno nell'ambito della seduzione erotica.20 20 Cf. l'epiteto doloplokos coniato da Saffo per Afrodite (fr. 1.2 Voigt) e destinato a notevole fortuna: cf. Teognide, 1396; Simonide, fr. 541.9-10 Page; vedi anche doliophron Kypris in Euripide, IA 1301. È dunque probabile che la presa di posizione di Iscomaco sia da ricollegare alla enkrateia che deve esercitarsi nella sfera della sessualità, inclusa la sessualità coniugale. Ma Iscomaco non si limita a impartire a sua moglie una lezione sulla necessità di eliminare il maquillage e le scarpe con la suola rialzata, ma le fornisce anche, su richiesta di lei,21 21 Iscomaco non perde occasione di mettere in luce la pronta obbedienza di sua moglie: quando Socrate gli domanda che cosa abbia risposto la moglie alle sue parole, spiega che l'unica risposta che poteva dare e che ha dato è stata quella di modificare il proprio comportamento e aggiunge che anzi gli ha chiesto dei consigli per conseguire quella bellezza naturale di cui Iscomaco è convinto assertore (Oec. 10.9). una serie di consigli perché possa essere bella al naturale, anzi, per usare le parole di Iscomaco “per risultare realmente bella e non sembrarlo soltanto” (Oec. 10.9). Questi consigli consistono nel raccomandarle di fare del moto, sia pure nello spazio angusto dell’abitazione (Oec. 10.10), e di svolgere alcune attività casalinghe che possano costituire un efficace esercizio fisico (Oec. 10.11). Leggendo queste raccomandazioni si ha la netta impressione che qui Senofonte, per bocca di Iscomaco, abbia cercato di adattare allo spazio limitato della casa ateniese le attività fisiche praticate dalle donne spartane che, a quanto attesta Senofonte stesso, comprendevano addirittura gare di corsa e di lotta.22 22 Cf. Lac. 1.3-4: va per altro precisato che tali attività erano finalizzate alla procreazione di figli sani e robusti. Riguardo alla pratica sportiva delle donne in Grecia cf. Arrigoni, 1985. Per uno sguardo d’insieme sulle donne spartane fondamentale Pomeroy, 2002.

Non bisogna poi dimenticare che in Senofonte il tema del maquillage si rinviene sia in un passo dei Memorabili sia un passaggio cruciale della Ciropedia. Nei Memorabili la prima conversazione di Socrate con Aristippo (Mem. 2.1) si conclude con l'apologo di Eracle al bivio scritto da Prodico di Ceo, che Socrate riferisce ad Aristippo (Mem. 2.1.21-33). Eracle, alle soglie della giovinezza, sta meditando su quale via scegliere, quando gli si presentano due donne Arete, la Virtù, e Kakia, il Vizio. Mentre Arete può vantare l’assenza di qualsiasi maquillage, nonché uno sguardo pudico e un portamento improntato a sophrosyne (Mem. 2.1.22), Kakia, proprio come la moglie di Iscomaco, ricorre al maquillage e cerca di apparire più alta, non tramite scarpe con la suola rialzata bensì in virtù di un portamento eretto (Mem. 2.1.22), che, nella sua contrapposizione a quello di Arete, risulta segnato dalla mancanza di sophrosyne. Questo passaggio dei Memorabili conferma che la condanna di Iscomaco nei confronti del trucco e di altri artifici finalizzati alla seduzione ha una valenza di tipo etico: discende dall’esigenza di rifiutare non soltanto l’inganno e la contraffazione, ma anche comportamenti e atteggiamenti contrari a quella sophrosyne / enkrateia che deve regnare anche nella vita sessuale della coppia. Di grande interesse, per altri aspetti, il raffronto con Cyr. 8.1.40-42, dove il trucco e l’uso di calzature per apparire più alti sono invece consigliati da Ciro ai suoi dignitari: ne emerge che ciò che è inaccettabile, illegittimo, se finalizzato alla seduzione erotica, diviene dunque non solo accettabile, ma opportuno, anzi necessario, se finalizzato alla seduzione politica dei sudditi da parte di un sovrano carismatico, che fa leva su elementi emotivi di seduzione a sostegno di un potere intrinsecamente autoritario (così Bevilacqua, 2003BEVILACQUA, F. (2003). Seduzione e potere nella Ciropedia e nell'Economico di Senofonte. In: BENEDETTI, F.; GRANDOLINI, S. (eds.). Studi di Filologia e tradizione greca in memoria di Aristide Colonna. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane. p. 131-140., 134-140).

Iscomaco non manca infine di affrontare un altro aspetto della vita coniugale, di cui non ha parlato con sua moglie, ma su cui si sofferma con Socrate (Oec. 10.12): gli spiega infatti che, in confronto a quello di una schiava, l'aspetto di sua moglie risulta eccitante (kinetikon) non solo perché è più ordinato ed elegante, ma soprattutto perché la moglie si presta al rapporto sessuale di sua volontà invece di esservi costretta come accade a una schiava (Oec. 10.12). Da un lato una simile osservazione, che ricorre anche in Hier. 1.28-38, dove è formulata in termini ancora più espliciti, appare piuttosto ovvia: è evidente che un rapporto sessuale con un partner liberamente consenziente è più piacevole di un rapporto sessuale con un partner che si limita a subirlo. D’altro canto però le parole di Iscomaco appaiono rivelatrici di una mentalità verosimilmente diffusa e di una pratica altrettanto diffusa. Di una mentalità: Iscomaco dà per scontato che una moglie sempre e comunque desideri charizesthai, dare piacere al marito di propria spontanea volontà e che, soprattutto per questo motivo, il suo stesso aspetto risulti eccitante. Di una pratica: non c'è bisogno di dire che mentre la moglie è vincolata a una fedeltà assolutamente monogamica, ciò non vale per il marito, che a prescindere da possibili relazioni sessuali con altre donne di condizione libera, può comunque contare sulla disponibilità sessuale, mai messa in discussione, delle schiave di casa. È su questo punto cruciale che la enkrateia in tema di aphrodisia, pur comune a Iscomaco e a sua moglie, si differenzia nettamente nel suo concreto esplicarsi: per lei ovvia fedeltà monogamica, spontanea disponibilità sessuale nei confronti del marito, rinuncia a pratiche di seduzione da lui disapprovate; per lui una sorta di autolimitazione che lo porta a non eccedere nell’ambito della libertà sessuale di cui gode e a impostare con la moglie una relazione che, pur privilegiando i rapporti sessuali con lei perché più eccitanti di quelli con le schiave di casa, non implica però nessuna esclusività a suo beneficio: si tratta insomma di una relazione che mantiene comunque la sua fondamentale dissimmetria,23 23 Bisogna tuttavia ricordare che nel IV secolo alcuni testi, sia pure con sfumature diverse, sembrano auspicare una reciproca fedeltà sessuale tra i coniugi: cf. Isocrate, Nic. 36 e 40; Aristotele, Pol. 7.16 1335b38-41. una dissimmetria presente, come abbiamo visto, fin dal momento della scelta del coniuge. È importante, inoltre, riflettere sulle implicazioni dei diversi comportamenti in cui si realizza la enkrateia, pur dichiaratamente comune all’uomo e alla donna: nel caso di quest’ultima si traduce in una condotta che esprime la sua subalternità, per non dire la sua sottomissione; per l’uomo si esprime in una etica del limite di chi vive e gode comunque di una posizione di dominio, come scrive a ragione Foucault (1994, p. 239).

Infine è interessante notare che, già nel suo primo discorso alla moglie, Iscomaco si preoccupa di rassicurarla riguardo al mantenimento del suo status di moglie anche quando gli anni saranno passati e lei non sarà più attraente come un tempo (Oec. 7.42). Questa sua rassicurazione, tuttavia, pone delle condizioni: il mantenimento del suo status, se non dipende dalla bellezza della giovane età, sembra però subordinato alla piena realizzazione dei suoi compiti di moglie. In che cosa consistono questi compiti? Iscomaco li enuncia chiaramente: una custode della casa per i figli e una compagna per il marito. Il primo compendia in un’unica definizione quelle che tradizionalmente, già a partire dai poemi omerici, erano le due funzioni di una moglie (e la distinguevano sia dall'etera, sia soprattutto dalla ben più insidiosa figura della concubina):24 24 Riguardo ai differenti ruoli di moglie, concubina ed etera, esemplare e ben nota la puntualizzazione che si legge nello Pseudo-Demostene, Contro Neera, 122. mettere al mondo figli legittimi ed essere una fedele custode della casa, cioè dei beni che vi si trovano. Ma a questo compito tradizionale Iscomaco ne aggiunge un altro, già preannunciato in Oec. 7.11: quello di essere una compagna (koinonos) per il marito. Il termine stesso koinonos, che sta a indicare la condivisione, è senza dubbio innovativo se riferito alla relazione tra il marito e la moglie: non è un caso che koinonos e koinonein ricorrano con insistenza in un passo cruciale dei Memorabili (2.6.22-24) a caratterizzare le relazioni che uniscono e devono unire tra loro i kaloi kagathoi. Nei Memorabili queste relazioni sono viste come propedeutiche a un progetto politico di stampo chiaramente oligarchico (Mem. 2. 6.24-27) (Bevilacqua, 2018BEVILACQUA, F. (2018b). Socrates Attitude towards Politics in Xenophon and Plato. In: DANZIG G.; JOHNSON, D.; MORRISON, D. (eds.). Plato and Xenophon. Comparative Studies. Leiden, Brill. p. 461-486.b, 470-477), mentre qui si tratta di un progetto finalizzato alla gestione dell'oikos: tuttavia non è privo di significato che il kalos kagathos Iscomaco utilizzi per la relazione tra i coniugi gli stessi termini che in Mem. 2.6.22-24 improntano la relazione tra i kaloi kagathoi. Se è vero quanto afferma Roscalla (1991ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR., p. 124-125, n. 7), cioè che il modello del rapporto uomo-donna qui proposto tende a riprodurre il modello delle relazioni maschili, è anche vero che rappresenta comunque una innovazione in positivo: riprodurre il modello delle relazioni maschili significava rifarsi a un modello di relazione paritaria, quale è quella che si instaura tra i kaloi kagathoi. E forse non è un caso che sia il kalos kagathos Iscomaco a proporre una relazione di questo genere con la propria moglie, perché solo la moglie di un kalos kagathos può essere una compagna del marito nella gestione dell’oikos: le mogli dei poveri infatti non solo hanno ben poco se non niente da amministrare, ma spesso sono addirittura costrette a svolgere i lavori propri degli schiavi (cf. ancora Aristotele, Pol. 6.8 1323a5-6). Ma questa relazione tra Iscomaco e sua moglie, pur nella differenziazione dei ruoli, è davvero così paritaria? E quali sono gli aspetti, le funzioni, i compiti che fanno della moglie di Iscomaco una sorta di donna manager sia pure in un ambito ben preciso e delimitato?25 25 “Donna manager” è la definizione che si legge in Bevilacqua (2002, p. 85), una definizione non del tutto inappropriata, ma che necessita di essere approfondita e precisata.

5. Compagna e collaboratrice.

In alcuni passaggi di grande rilevanza Iscomaco (Oec. 7.11; 7.13; 7.30; 7.42), come abbiamo appena visto, definisce la moglie compagna (koinonos) del marito in funzione dei figli e dell'oikos: un termine, denso di implicazioni, che era stato anticipato da un altro termine, synergos, “collaboratrice”, utilizzato da Socrate nella sua conversazione con Critobulo. Socrate infatti aveva fatto presente a Critobulo, marito irresponsabile che non dialoga con sua moglie (Oec. 3.12), che esistono mariti che “si servono26 26 Il testo recita: gynaixi tais gametais ... chromenous: “si servono delle mogli”, ma anche “trattano le mogli”: è probabile che Senofonte abbia scelto questo verbo proprio in funzione di questo duplice significato. delle mogli in modo da averle come collaboratrici (synergous) per accrescere insieme a loro (synauxein) l’oikos” (Oec. 3.10). È evidente che Iscomaco è un esempio di tali mariti e quindi sua moglie, da lui esemplarmente educata, è divenuta una synergos, una collaboratrice: se pure Iscomaco non utilizza per lei questo termine, tuttavia fa esplicito riferimento all’impegno di sua moglie per accrescere l’oikos insieme a lui (Oec. 7.16).

Vale la pena di cominciare prendere in considerazione proprio questo compito, la collaborazione volta ad auxein ton oikon, cioè a quello che viene indicato da Critobulo come l’obiettivo fondamentale dell’amministrazione dell'oikos (Oec. 1.4) e che Iscomaco stesso, a più riprese, mostra di fare proprio (Oec. 7.15; 11.8; 11.12). Una delle modalità in cui la moglie di Iscomaco può collaborare ad accrescere il patrimonio familiare consiste nell’insegnare a schiave non specializzate determinate mansioni, accrescendone il valore d’uso nonché, presumibilmente, il valore di scambio (Oec. 7.41), anche se nell’Economico non si fa mai cenno alla possibilità di vendere gli schiavi. Ma la collaborazione sul versante propriamente patrimoniale si esplica anche nell’accurata conservazione di tutto ciò che viene introdotto in casa (Oec. 7.39-40). A questa funzione poi si collega anche un’attività che potremmo definire di tipo manageriale: infatti, una volta ricevuto ciò che viene introdotto nella casa, la moglie deve distribuire nel corso del tempo ciò che si deve spendere, impegnandosi a fare previsioni corrette in modo da evitare di esaurire nel giro di un mese la spesa fissata per un anno (Oec. 7.36). Un simile compito, tuttavia, Iscomaco narra di averlo svolto lui stesso insieme alla moglie (Oec. 9.8), ma lì Iscomaco si riferisce ai primi tempi della loro vita matrimoniale, quando lei era ancora bisognosa di una guida, mentre in Oec. 7.36, Iscomaco allude a quell’attività di razionale previsione delle spese di cui sua moglie dovrà farsi carico in futuro, quando avrà ormai acquisito una certa esperienza in questo campo, in modo da non aver più bisogno dell’aiuto del marito. Una funzione di tipo manageriale è anche quella di mantenere il necessario ordine all’interno dell’abitazione, ordine che sta particolarmente a cuore a Iscomaco (Oec. 8.2-10; 8.17-23; 9.1-10); all’accurato mantenimento dell’ordine si aggiungono poi il controllo e la supervisione dei lavori che si svolgono in casa (Oec. 7.33-36) e, di conseguenza, il compito di premiare o punire (Oec. 7.41; 9.15): compiti analoghi a quelli che spettano a Iscomaco per i lavori che si compiono fuori casa. La moglie di Iscomaco quindi condivide con lui, sia pure in spazi e ambiti diversi, le stesse funzioni: dunque non è solo una sua collaboratrice, synergos, ma può ritenersi anche la sua compagna, koinonos, da intendersi nel senso che sembra collocarsi sul suo stesso piano nella gestione dell’oikos.

Ma questo autorizza a pensare a una relazione tra i coniugi che, almeno per alcuni aspetti, si configuri come paritaria?

Un primo spunto in tal senso sembrerebbe offrirlo Socrate. Iscomaco gli ha riferito che sua moglie ritiene che per una donna sophron è più piacevole prendersi cura dei propri beni che trascurarli (Oec. 9.19) e Socrate esclama: “Per Era, da quello che mi mostri, Iscomaco, tua moglie ha proprio un modo di pensare maschile” (Oec. 10.1). Parole che suonano come un elogio, nonché come una indiretta conferma che la moglie di Iscomaco è appunto sophron, proprio come può esserlo un uomo (non si dimentichi che già in Oec. 7.15 Iscomaco aveva dato per scontato che anche una donna, al pari di un uomo, può essere sophron). Nel mostrarsi sophron la moglie di Iscomaco mostra dunque di avere un modo di pensare (e di agire, quindi) non diverso da quello di un uomo: ma questo, fatti salvi i diversi ambiti di competenza, basta a porla su un piano di parità nella sua relazione con Iscomaco? Dalla replica di Iscomaco (Oec. 10.1) e da quanto segue (Oec. 10.2-13) sembra proprio di no: infatti Iscomaco non solo si affretta a precisare che sua moglie era pronta a obbedire immediatamente alle sue parole (Oec.10, 1), ma racconta come lei abbia rinunciato al maquillage e alle scarpe alte per seguire i consigli di fitness e di bellezza al naturale da lui propinati (Oec. 10.9-11). Se dunque anche nel delicato ambito della seduzione riuscirà a dimostrare moderazione, dominio di sé, lo deve all'intervento del marito: lei si limita a obbedirgli, a vivere seguendo i suoi insegnamenti, come conclude compiaciuto Iscomaco (Oec. 10.13).

Tuttavia, proprio sulla bocca di Iscomaco, troviamo due affermazioni singolari, che potrebbero anch’esse suggerire una relazione paritaria tra i coniugi. Iscomaco infatti, dopo aver ricordato a sua moglie una serie di compiti a lei affidati e finalizzati all’accrescimento del patrimonio, aggiunge: “Ma la cosa più dolce di tutte è se risulti migliore di me e mi rendi tuo servitore” (Oec. 7.42). La prima parte di questa affermazione non ha nulla di sorprendente: poco prima, infatti, Iscomaco ha dichiarato che la divinità ha assegnato in ugual misura all’uomo e alla donna non soltanto la memoria e l'impegno, ma anche la capacità di praticare la enkrateia, precisando che può essere sia l’uomo sia la donna a dimostrarsi più fornito di queste doti (Oec. 7.26-27). Più impegnativa, senza dubbio, la seconda parte dell’affermazione di Iscomaco: “e mi rendi tuo servitore”. Tuttavia, se teniamo presenti alcuni passi dei Memorabili,27 27 Vale la pena di ribadire la necessità di tenere sempre presente tutta la variegata produzione di Senofonte nel suo complesso: ciò si impone ancora di più per l'insieme delle opere socratiche, che risultano fortemente interconnesse. quanto asserito da Iscomaco ci appare meno sorprendente e si ricollega a una riflessione di carattere generale che ha ben poco di innovativo. Nei Memorabili, infatti, Socrate afferma che in ogni campo gli uomini sono disposti a obbedire a coloro che ritengono i migliori (Mem. 3.3.9; cf. anche Cyr. 1.6.21) e in un’altra conversazione cita come esempio il fatto che le donne possono comandare agli uomini negli ambiti in cui esse risultano più competenti (Mem. 3.9.11). Se dunque, alla luce di queste affermazioni, andiamo a rileggere le parole di Iscomaco in Oec. 7.42, ci rendiamo conto che Iscomaco si limita ad ammettere che sua moglie possa risultare migliore di lui e, in tal caso, renderlo suo servitore: Iscomaco infatti sarà tenuto a obbedirle, dato che, come sostiene il Socrate dei Memorabili, in ogni attività gli uomini obbediscono di buon grado a coloro che ritengono i migliori.

La possibilità che la moglie di Iscomaco si riveli migliore di lui potrebbe dar ragione di un altro passo, quello in cui Iscomaco accenna, di passaggio, al fatto che spesso gli è capitato di essere sottoposto a un giudizio minuzioso e di venire condannato a una punizione o a un’ammenda da parte di sua moglie (Oec. 11.25). Non è possibile affrontare in questa sede un’analisi puntuale di questo passaggio, che risulta poco chiaro anche e soprattutto per il contesto si inserisce, che risente a sua volta di una probabile lacuna testuale (tra i §§ 23 e 24). Tuttavia sembrerebbe verosimile ricollegare la funzione di giudice della moglie di Iscomaco al fatto che lui stesso l’ha esortata a essere una nomophylax, una custode delle leggi nell’ambito della casa (Oec. 9.15): sarebbe appunto nell'esercizio di tale ruolo che verrebbe chiamata a giudicare ed eventualmente a condannare lo stesso Iscomaco. Non è per altro da escludersi che la funzione di giudice assegnata alla moglie possa giustificarsi semplicemente con una sua riscontrata superiorità rispetto a Iscomaco: nel momento in cui Iscomaco riconosce che sua moglie è migliore di lui, non solo è disposto a essere suo servitore, ma anche a investirla del compito di giudicare e punire i suoi stessi comportamenti.

Proviamo ora a riprendere la domanda iniziale: questa moglie, definita esplicitamente koinonos, compagna, lo è davvero su quel piano di parità che il termine stesso sembra evocare?

La questione è certo complessa ed è difficile dare una risposta che riesca a sciogliere questo nodo. Se volessimo rispondere senza comprometterci troppo, potremmo sostenere che anche per questo aspetto, come per non pochi altri, l'Economico presenta elementi innovativi, ma con alcune significative incertezze.

Elementi innovativi: Iscomaco asserisce che all’uomo e alla donna la divinità stessa ha dispensato in ugual misura la memoria28 28 Non dobbiamo dimenticare che il Socrate dei Memorabili ritiene che una buona memoria costituisca una qualità essenziale di una buona indole: vedi Mem. 4.1.2; cf. anche 2.7.7. L’importanza attribuita alla memoria è del resto caratteristica di una società in cui comunicazione e cultura si muovono prevalentemente nella dimensione dell’oralità. , la capacità di impegnarsi (Oec. 7.26) nonché quella di esercitare la enkrateia (Oec. 7.27): il che sembrerebbe, tra l'altro, poter costituire una valida base per una relazione paritaria all’interno della coppia. Si tratta di una presa di posizione tutt’altro che scontata: non dobbiamo dimenticare che Aristotele porrà l’accento sulla disparità della facoltà deliberativa tra uomo e donna (Pol. 1.13 1260a12-14) e, nello specifico delle virtù etiche, affermerà con decisione che la sophrosyne dell’uomo e della donna non è la stessa e ciò vale anche per il coraggio, la giustizia e le altre virtù (Pol. 1.13 1260a21-24; 3.4 1277b20-23). Platone nella Repubblica29 29 Ben diverse, infatti, le posizioni che, anche su questo punto, assumerà nelle Leggi. si spinge ben oltre Senofonte, sostenendo che tra uomo e donna non vi è differenza di attitudini e pertanto non deve esserci differenza di compiti né di educazione (R. 451d4-457c2). Tuttavia, se si eccettua la radicalità estrema della posizione platonica, si potrebbe sostenere che proprio la figura della moglie compagna delineata da Senofonte nell’Economico rappresenti il punto di massima rottura con una tradizione consolidata: non solo perché è fornita delle medesime doti (memoria e impegno) del marito, non solo perché è in grado di esercitare la enkrateia al pari del marito, ma anche perché è investita, sia pure in uno spazio e in un ambito diverso, di funzioni di tipo manageriale analoghe a quelle del marito. Potremmo addirittura aggiungere, come sembrano suggerire i passi appena presi in esame (Oec. 7.42; 11.25), che questa moglie compagna gode di una relazione con il marito che, almeno per alcuni aspetti, si delinea come paritaria (così Bevilacqua, 2002BEVILACQUA, F.(2002). Senofonte. Anabasi (introduzione generale, nota biografica, nota bibliografica, introduzione all’Anabasi, nota bibliografica, nota critica, traduzione e note). Torino, UTET., 85): una tesi non lontana dalle posizioni espresse da Pomeroy, 1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press.,30 30 Sia in molti punti del commento sia in due dei capitoli introduttivi: cap. 4, in particolare p. 33-39; cap. 5, in particolare p. 57-63. che tende a privilegiare gli aspetti innovativi della relazione di coppia descritta e proposta nell’Economico. Tuttavia, sebbene la novità di questa figura di moglie non sia da sottovalutare, non mi sembra che si possa parlare di una relazione paritaria, sia pure parzialmente. Infatti la dissimmetria che ha presieduto alla scelta del rispettivo coniuge si mantiene anche nella successiva vita matrimoniale: le funzioni manageriali assegnate alla moglie di Iscomaco devono essere esercitate secondo le direttive da lui impartite, non diversamente da quanto è prescritto agli epitropoi; gli spazi interni dell’abitazione devono essere utilizzati e tenuti in ordine secondo le sue indicazioni; la vita sessuale della coppia deve essere modulata in base ai suoi desideri e alle sue convinzioni; lo status stesso della moglie all’interno dell’oikos potrà essere mantenuto soltanto se lei risponderà alle aspettative del marito, mostrandosi una compagna all’altezza dei compiti che le sono stati affidati. Al di là delle affermazioni di Iscomaco, che sembrano collocarla non già su un piano di parità, ma addirittura al di sopra di lui, in realtà, perfino quando assolve all’incarico di giudice del marito, la moglie di Iscomaco altro non fa che adeguarsi a regole stabilite da lui; la stessa autonomia di cui sembra godere nella gestione di cose, attività e persone all’interno dell’oikos è in realtà l’applicazione di indicazioni e di norme fornite da Iscomaco: paradossalmente un’autonomia eterodiretta. Nonostante gli spazi di movimento e i margini di decisionalità di cui può avvalersi, non viene mai meno la sua fondamentale, ineludibile dissimmetria nei confronti di Iscomaco, rispetto al quale lei rimane, come aveva sintetizzato Foucault (1984FOUCAULT, M. (1984). L'usage des plaisirs. Paris, Gallimard., p. 215) in una formula efficacissima, “la maîtresse obéissante de la maison”, dove, se non è disconosciuto il suo ruolo di “maîtresse”, è però sul dato dell’obbedienza che batte l'accento.

Bibliografia

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  • BEVILACQUA, F. (2003). Seduzione e potere nella Ciropedia e nell'Economico di Senofonte. In: BENEDETTI, F.; GRANDOLINI, S. (eds.). Studi di Filologia e tradizione greca in memoria di Aristide Colonna Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane. p. 131-140.
  • BEVILACQUA, F. (2018a). Kalokagathia e kaloi kagathoi nelle opere socratiche di Senofonte (Memorabili, Economico, Simposio). Magazzino di filosofia 32. p. 5-99.
  • BEVILACQUA, F. (2018b). Socrates Attitude towards Politics in Xenophon and Plato. In: DANZIG G.; JOHNSON, D.; MORRISON, D. (eds.). Plato and Xenophon. Comparative Studies Leiden, Brill. p. 461-486.
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  • CHANTRAINE, P. (1949). Xénophon. Économique (texte établi et traduit par P. Chantraine). Paris, Les Belles Lettres.
  • DELEBECQUE, É. (1957) Essai sur la vie de Xénophon Paris, Klincksieck.
  • DELEBECQUE, É. (1978). Xénophon. Cyropédie, t. III, (texte établi et traduit par É. Delebecque). Paris, Les Belles Lettres.
  • FOUCAULT, M. (1984). L'usage des plaisirs Paris, Gallimard.
  • NORTH, H. (1966). Sophrosyne. Self-Knowledge and Self-Restraint in Greek Literature Ithaca (NY), Cornell University Press.
  • POMEROY, S. B. (1984). The Persian King and the Queen Be. American Journal of Ancient History 9, n. 2. p. 98-108.
  • POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary Oxford, Clarendon Press.
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  • ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR.
  • VERNANT, J.-P. (1963). Hestia-Hermès. Sur l'expression religieuse de l'espace chez les Grecs. L'Homme. Revue française d'anthropologie 3, p. 12-50. Ora in VERNANT, J.-P. (1965). Mythe et pensée chez les Grecs. Études de psycologie historique Paris, Librairie François Maspero. p. 155-201.
  • 1
    In sintonia con il Senofonte dell’Anabasi, che non dimentica mai di offrire un sacrificio prima di affrontare un combattimento o una sortita.
  • 2
    Per questo rituale, che rappresentava la trasformazione e la integrazione nei culti ufficiali di un antico rito di iniziazione, risulta tuttora fondamentale Brelich (1969BRELICH, A. (1969). Paides e parthenoi. Roma, Edizioni dell'Ateneo., p. 229-311).
  • 3
    Per altro con qualche differenza: mentre gli schiavi sono presentati come schiavi del ventre (Oec. 13.9), la moglie di Iscomaco, già al momento del matrimonio, risultava perfettamente educata all'autocontrollo in questo ambito (Oec. 7.6).
  • 4
    Su questa affermazione, a prima vista così sconcertante, vedi Bevilacqua (2018BEVILACQUA, F. (2018b). Socrates Attitude towards Politics in Xenophon and Plato. In: DANZIG G.; JOHNSON, D.; MORRISON, D. (eds.). Plato and Xenophon. Comparative Studies. Leiden, Brill. p. 461-486.a, p. 52-55).
  • 5
    Si potrebbe leggere qui, dietro la maschera di Iscomaco, una dichiarazione autoriale di rinuncia ad affrontare in questa opera l'argomento dell’educazione dei figli.
  • 6
    Al riguardo rimangono fondamentali le osservazioni di North (1966NORTH, H. (1966). Sophrosyne. Self-Knowledge and Self-Restraint in Greek Literature. Ithaca (NY), Cornell University Press., p. 123-132).
  • 7
    Per il Socrate di Senofonte la enkrateia non è semplicemente una virtù ma il fondamento stesso della virtù (Mem. 1.5.4; cf. anche 4.5.11), mentre per il Socrate di Platone la virtù ha il suo fondamento nella conoscenza: a prescindere da questo fatto, sembra comunque che tra i Socratici fosse diffusa la convinzione che la virtù, qualunque sia la sua natura e il suo fondamento, non solo è accessibile a uomini e donne, ma è anche la stessa in uomini e donne: cf. soprattutto Platone, Men. 71e1-73b5. Come è noto Aristotele polemizzerà apertamente contro questa tesi, da lui attribuita direttamente a Socrate: cf. infra.
  • 8
    Come ha ben visto Pomeroy (1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 275), hoi theoi e ho theos nell'Economico sono usati indifferentemente.
  • 9
    Questa sintonia tra nomos e physis risulta di estremo interesse e meriterebbe di essere precisata e approfondita nelle sue implicazioni, ma si tratta di un tematica che esula dagli orizzonti e dagli scopi del presente lavoro.
  • 10
    Infatti tra i compiti della moglie non viene citato l’allevamento della prole e non vi è neppure un corrispettivo all’attività di promozione di colonie da parte dell’ape regina.
  • 11
    Come è noto, per la CiropediaDelebecque (1957DELEBECQUE, É. (1957) Essai sur la vie de Xénophon. Paris, Klincksieck., p. 399-405), propone una composizione scaglionata nell'arco di sette anni dal 365 al 358, individuando come terminus ante quem il 358 (data della morte di Artaserse II e di ascesa al trono di Artaserse III Ochos che Senofonte sembra ignorare) e come terminus post quem il 365, sulla base di diverse argomentazioni, per altro alquanto discutibili. Ancora Delebecque, 1957, p. 363-376, sostiene che la seconda parte dell'Economico sarebbe stata composta tra la fine del 362 e l'inizio del 361, quindi contemporaneamente a parte della Ciropedia. Personalmente sarei incline a ipotizzare una data più bassa per la seconda parte dell'Economico, in quanto indizi significativi sembrano denunciare una mancata revisione finale dell'opera nel suo complesso e puntare dunque al periodo immediatamente precedente la morte dell’autore: vedi Roscalla, 1991ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR., p. 21-30.
  • 12
    Già ricordata in Oec. 4.7; 4.10: il frurarco è il comandante militare di una fortezza. Pomeroy (1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 302), fa presente che anche ufficiali greci potevano avere questo titolo, ad es. nell'ambito dell'impero ateniese. Tuttavia mi sembra indubbio che qui Senofonte intendesse riferirsi ai frurarchi dell'impero persiano, sulle cui funzioni e responsabilità Socrate si era soffermato a lungo (Oec. 4.7-10) durante la conversazione con Critobulo.
  • 13
    Su questa funzione della Bulé cf. Aristotele, Ath. 49. 1-2; Senofonte, Eq. Mag. 1.8; 1.13; 3.9-14. Non è un caso che Senofonte citi con approvazione un compito di tipo tecnico: ben difficilmente avrebbe potuto elogiare la Bulé come organo politico, dato che i suoi membri venivano nominati tramite la procedura del sorteggio, a cui Senofonte con ogni probabilità era avverso: un indizio importante, benché non decisivo, sono le argomentazioni contro il sorteggio attribuite al Socrate dei Memorabili (1.2.9; 3.9.10), ma verosimilmente condivise anche dallo stesso Senofonte.
  • 14
    Secondo Roscalla (1991ROSCALLA, F. (1991). Senofonte. Economico (introduzione, traduzione e note di F. ROSCALLA con un saggio di D. LANZA). Milano, BUR., p. 156, n. 5), si tratterebbe di un’allusione a Sparta, senz’altro probabile. Non bisogna però dimenticare che, come osserva Pomeroy, 1994POMEROY, S. B. (1994). Xenophon. Oeconomicus. A Social and Historical Commentary. Oxford, Clarendon Press., p. 302, l’insistenza sul rispetto e sulla difesa delle leggi vigenti era tipico degli aristocratici e dei conservatori: in particolare ad Atene rappresentava una sorta di baluardo ideologico contro gli psephismata, i decreti o comunque le decisioni che potevano essere prese dall’assemblea popolare senza tenere conto delle leggi in vigore (esemplare in tal senso la vicenda del processo agli strateghi della battaglia delle Arginuse: cf. Senofonte, HG 1.7.1-34).
  • 15
    Il compito di distribuire premi e punizioni agli schiavi di casa in base al loro comportamento era già stato enunciato, sia pure con minore enfasi, in Oec. 7.41.
  • 16
    Cyr. 8.1.22. A proposito di questa espressione Delebecque (1978DELEBECQUE, É. (1978). Xénophon. Cyropédie, t. III, (texte établi et traduit par É. Delebecque). Paris, Les Belles Lettres., p. 167) fa notare che, in base a un significato di blepo (che si riscontra soprattutto nei tragici), essa potrebbe essere intesa anche come “legge vivente”. In tal caso verrebbe istituita una implicita opposizione tra il sovrano, “legge vivente”, perché in grado di intervenire attivamente, e le leggi scritte, che finirebbero per essere caratterizzate come morte, perché impotenti ad attuare quegli interventi che il sovrano è invece in grado di assicurare. Personalmente ritengo che Senofonte abbia scelto di utilizzare tale espressione proprio in funzione di questo duplice significato.
  • 17
    Cf. Oec. 7.2, dove Socrate nota che è la stessa condizione fisica di Iscomaco a rivelare che egli non trascorre il suo tempo in uno spazio interno: verosimilmente Socrate allude sia a una struttura fisica robusta sia alla pelle abbronzata. Soprattutto quest'ultima costituiva un indizio di uno status ben preciso: gli uomini che conservano un colorito pallido, perché rimangono a lavorare al chiuso, sono infatti coloro che esercitano le disprezzate arti manuali: cf. Oec. 4.2.
  • 18
    Cf., ad es., in relazione alla bellezza femminile Od. 5.217; 6.107-108; 6.151-152; 6.248-249; in relazione a quella maschile cf., ad es., Od. 6.230.
  • 19
    Non diversa, benché implicita, l'opinione dello stesso Senofonte: cf. An. 3.2.25; Cyr. 5.1.5.
  • 20
    Cf. l'epiteto doloplokos coniato da Saffo per Afrodite (fr. 1.2 Voigt) e destinato a notevole fortuna: cf. Teognide, 1396; Simonide, fr. 541.9-10 Page; vedi anche doliophron Kypris in Euripide, IA 1301.
  • 21
    Iscomaco non perde occasione di mettere in luce la pronta obbedienza di sua moglie: quando Socrate gli domanda che cosa abbia risposto la moglie alle sue parole, spiega che l'unica risposta che poteva dare e che ha dato è stata quella di modificare il proprio comportamento e aggiunge che anzi gli ha chiesto dei consigli per conseguire quella bellezza naturale di cui Iscomaco è convinto assertore (Oec. 10.9).
  • 22
    Cf. Lac. 1.3-4: va per altro precisato che tali attività erano finalizzate alla procreazione di figli sani e robusti. Riguardo alla pratica sportiva delle donne in Grecia cf. Arrigoni, 1985ARRIGONI, G. (1985). Donne e sport nel mondo greco. Religione e società. In: ARRIGONI, G. (ed.). Le donne in Grecia. Roma-Bari, Laterza. p. 55-201.. Per uno sguardo d’insieme sulle donne spartane fondamentale Pomeroy, 2002POMEROY, S. B. (2002). Spartan Women. Oxford, Oxford University Press..
  • 23
    Bisogna tuttavia ricordare che nel IV secolo alcuni testi, sia pure con sfumature diverse, sembrano auspicare una reciproca fedeltà sessuale tra i coniugi: cf. Isocrate, Nic. 36 e 40; Aristotele, Pol. 7.16 1335b38-41.
  • 24
    Riguardo ai differenti ruoli di moglie, concubina ed etera, esemplare e ben nota la puntualizzazione che si legge nello Pseudo-Demostene, Contro Neera, 122.
  • 25
    “Donna manager” è la definizione che si legge in Bevilacqua (2002BEVILACQUA, F.(2002). Senofonte. Anabasi (introduzione generale, nota biografica, nota bibliografica, introduzione all’Anabasi, nota bibliografica, nota critica, traduzione e note). Torino, UTET., p. 85), una definizione non del tutto inappropriata, ma che necessita di essere approfondita e precisata.
  • 26
    Il testo recita: gynaixi tais gametais ... chromenous: “si servono delle mogli”, ma anche “trattano le mogli”: è probabile che Senofonte abbia scelto questo verbo proprio in funzione di questo duplice significato.
  • 27
    Vale la pena di ribadire la necessità di tenere sempre presente tutta la variegata produzione di Senofonte nel suo complesso: ciò si impone ancora di più per l'insieme delle opere socratiche, che risultano fortemente interconnesse.
  • 28
    Non dobbiamo dimenticare che il Socrate dei Memorabili ritiene che una buona memoria costituisca una qualità essenziale di una buona indole: vedi Mem. 4.1.2; cf. anche 2.7.7. L’importanza attribuita alla memoria è del resto caratteristica di una società in cui comunicazione e cultura si muovono prevalentemente nella dimensione dell’oralità.
  • 29
    Ben diverse, infatti, le posizioni che, anche su questo punto, assumerà nelle Leggi.
  • 30
    Sia in molti punti del commento sia in due dei capitoli introduttivi: cap. 4, in particolare p. 33-39; cap. 5, in particolare p. 57-63.

Publication Dates

  • Publication in this collection
    11 June 2021
  • Date of issue
    2021

History

  • Received
    01 Jan 2020
  • Accepted
    01 Dec 2020
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